Dieci domande provocatorie sul precariato, più una

Articolo 18: ne parliamo con Angelo Savio della Cgil

precarieta-striscioneAll'indomani del Jobs Act di Renzi, la domanda, o meglio, le domande intorno ad un unico tema, sorgono spontanee: cosa è il lavoro oggi in Italia?  Facciamo chiarezza insieme ad Angelo Savio, segretario generale del Nidil (nuove identità di lavoro), struttura sindacale della CGIL che rappresenta dal 1998 i lavoratori in somministrazione (ex interinali) ed i lavoratori atipici.

Qual è la differenza tra precariato e flessibilità?

La differenza sostanziale è, o meglio dovrebbe essere, lo stipendio! La flessibilità da un punto di vista aziendale può servire per pochi mesi quando l'azienda vive un picco produttivo e necessita di lavoratori specializzati, ma per quei mesi il lavoratore precario dovrebbe guadagnare molto più del dipendente. Il lavoratore flessibile dovrebbe essere un prestatore d’opera di tipo non professionale -per attività professionale intendo quella delle professioni protette-, che lavora come dipendente, ovvero inserito nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro. In questo si distingue da chi invece lavora fornendo una prestazione, come un libero professionista o un artigiano, che invece hanno una propria organizzazione e mezzi propri, che non sono richiesti al dipendente. Per il lavoratore flessibile il cambiamento del datore di lavoro è un’opportunità di crescita in campo lavorativo, in quanto amplia le proprie esperienze ed ha un’opportunità di crescita economica, potendo contrattare un miglioramento rispetto alle condizioni del momento, come avviene nel Nord Europa con la tanto decantata flexsecutity. In realtà da noi una parte dell’imprenditoria non ha delle necessità temporanee di un profilo specifico, ma preferisce coprire anche le posizioni relative alla propria attività corrente con lavoratori precari a tempo indeterminato, che vengono mantenuti nel precariato a vita. Questo svilisce sia la categoria del lavoratore flessibile, sia quella del lavoratore a tempo indeterminato, in quanto si va a confonderne i ruoli e li si rende entrambi più deboli dal punto di vista contrattuale, ribaltando il rischio d’impresa sui lavoratori.

Quali sono i contratti “precari” più utilizzati dai datori di lavoro oggi?

Di contratti che si possono definire "a termine" ne esistono moltissimi, in vari settori e di diversa natura. I principali sono il contratto a progetto (quello che un tempo era il famoso co.co.co.), il contratto a tempo determinato (che, per il tempo della sua durata, almeno in genere offre le stesse garanzie di quello a tempo indeterminato) e le cosiddette finte partite IVA (che nella quasi totalità dei casi un contratto non ce l'hanno neanche). Ci sono poi tirocini, stage, contratti di inserimento, apprendistato e così via, tutte forme caratterizzate dall'elemento comune della mancanza di continuità del rapporto di lavoro e spesso di adeguate condizioni lavorative che porta all'insicurezza economico-sociale e all'impossibilità di poter progettare un futuro per il lavoratore.

Quale la tipologia più utilizzata oggi?

I più utilizzati sono i Co.pro (collaboratori a progetto) spesso prorogati infinite volte cambiando semplicemente il “progetto” e nel 90% dei casi i lavoratori svolgono mansioni superiori a quelle descritte nel contratto e non sono autonomi nella gestione del progetto, ma sottoposti ad un rapporto subordinato.

I contratti precari quante volte possono essere rinnovati?

Di regola la proroga o il rinnovo del contratto sono legittimi nel caso in cui il risultato concordato non sia stato raggiunto nel termine fissato ovvero nel caso di progetto totalmente nuovo e diverso. Al contrario, la proroga ingiustificata e il rinnovo per un progetto identico al precedente costituiscono elementi indiziari particolarmente incisivi per dimostrare la natura di un rapporto di lavoro dipendente. Ma con la legge Biagi e con la Fornero basta semplicemente cambiare una “virgola” al progetto e scatta la proroga.

Quali garanzie o sussidi prevede lo Stato se tra un rinnovo e l’altro di un contratto di lavoro con lo stesso datore di lavoro trascorrono settimane o mesi?

Purtroppo garanzie o sussidi tra i rinnovi non esistono. L'unico ammortizzatore sociale che eroga l'Inps per i collaboratori è  la prestazione: "Una tantum ai lavoratori co.pro". Introdotta dal 2010, ma poco efficace a causa dei requisiti d'acceso proibitivi per quasi la totalità dei lavoratori interessati.
Ad esempio bisogna aver percepito nell'anno un reddito tra 5 mila e 20 mila euro da un solo committente e aver accumulato almeno 2 mesi di contributi nell'anno in cui si chiede il sussidio.
Abbiamo chiesto all'Inps i dati sui sussidi erogati, ma non ce li ha mai forniti. 

Le proposte di Renzi come cambieranno concretamente nella vita di un precario?

Cosa propone Renzi in realtà non l'abbiamo ancora capito! Per adesso sono solo annunci ed indiscrezioni giornalistiche che non hanno nessun fondamento. Una delle proposte sembra essere  l'estensione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori precari, in questo senso la CGIL si batte da anni per universalizzare diritti, tutele e prestazioni sociali per i lavoratori atipici quindi è ovvio che siamo favorevoli a questa proposta. Il problema è la garanzia della copertura economica di un provvedimento di questo tipo sul quale il Governo non ha dato nessuna risposta quindi per noi resta solo un annuncio.

Qual è la differenza tra un precario italiano e uno francese o belga in termini di: sicurezza e sussidi da disoccupazione?

Oltre alle differenze sostanziali per quanto riguarda le misure previdenziali e di sostegno al reddito: in Francia e in Belgio possono essere tutelati dal sussidio di disoccupazione fino ad un massimo di 20 mesi percependo il 75% dell'ultima busta paga, la vera differenza sta nella qualità dei servizi di orientamento e ricollocazione che offrono i centri per l'impiego d'oltralpe. In pochi mesi  riescono a reinserire i lavoratori, cosa impensabile da noi in Italia. Andrebbe fatta una seria riforma dei centri dell'impiego con il coinvolgimento degli stessi datori di lavoro. Basta guardare ai numeri, all'estero ci sono 100, 200 mila operatori dell'impiego che prendono in carica il lavoratore disoccupato proponendogli fino a 3 offerte lavorative e solo se non ne accetta nessuna gli viene sospeso il sussidio. In Italia ci sono 5 mila operatori dell'impiego che si occupano semplicemente di attestare lo stato di disoccupazione. E' paradossale che di questi 1500 sono lavoratori precari. La stessa Italia Lavoro che si occupa dell'inserimento lavorativo ha 900 collaboratori a progetto, solo nel Centro Direzionale di Napoli i lavoratori a tempo sono 50-60.

Cosa si troveranno nel portafogli i precari di oggi giunti all'età pensionabile?

L'iscrizione alla gestione separata dell'Inps - creata con legge Treu negli anni '90, il tesoretto dove confluiscono i contributi dei precari- si differenzia dalla gestione ordinaria dove confluiscono i contributi dei lavoratori a tempo indeterminato, ha un'aliquota differente e manca di una gestione trasparente. Abbiamo più volte chiesto i dati all'Inps che tuttavia li secreta così non possiamo fare proiezioni. Tuttavia supponiamo che i contributi che stanno conservando i lavoratori precari di oggi, con uno stipendio che in media non arriva a 1000 euro al mese, una volta arrivati ai 65 anni saranno pari, se non inferiori alla pensione sociale. Credo che se l'Inps fornisse i dati della gestione separata ci sarebbe la rivoluzione. Noi con la Cgil abbiamo chiesto all'Inps trasparenza, abbattimento dell'aliquota e medesimo trattamento pensionistico dei lavoratori dipendenti.

Quali sono le richieste più frequenti che fanno i giovani lavoratori precari al Sindacato?

Ovviamente la richiesta principale è quella di essere stabilizzati presso la loro azienda. Presso i nostri sportelli le richieste più diffuse sono: controllo versamento contributi da parte dell'azienda; richieste di malattia e congedo parentale; tutela in caso d'infortunio; impugnazione del contratto a progetto; denuncia di mobbing. Il punto è che quando si impugna il contratto molto dipende dalla sensibilità del giudice: il lavoratore può riuscire ad ottenere un risarcimento economico se il contratto di lavoro non è stato rispettato dall'azienda, ma è quasi impossibile che poi venga reintegrato poichè con la denuncia è venuto meno il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

Può raccontarci qualche storia esemplare di cui si è occupato personalmente?

Mi sto occupando del caso dei lavoratori di una nota azienda di telemarketing che si occupa di sondaggi di prodotti di uso comune e che dal 1992 ad oggi ha stretto una serie di rapporti di lavoro, con persone assunte con contratti prima co.co.co. poi  a co.pro che hanno collaborato così anche per 20 anni. Visto che l'azienda si è dotata di panel tecnologici ha pensato bene di cacciare i lavoratori. Noi ci stiamo occupando dei 5 lavoratori della Campania, mentre in tutta Italia sono circa 100.  Abbiamo impugnato i contratti, poiché di fatto non si trattava di una collaborazione, ma di un rapporto subordinato e i lavoratori avevano svolto mansioni non previste dal contratto. Alla luce di ciò abbiamo fatto il conto di quelli che avrebbero dovuto essere i loro stipendi reali presentando il conto all'azienda, che deve circa 30-40 mila euro a testa. I responsabili ci hanno chiesto una settimana per riflettere.
Un altro caso è quello del concorso del Comune di Sant'Antonio Abbate con il quale si cercavano psicologi e sociologi: nel bando di gara tra i requisiti c'era che avrebbe avuto un punteggio più alto chi avesse offerto un ribasso sul costo del lavoro, rispetto a 30 euro all'ora. Una richiesta illegale poiché la legge Fornero stabilisce che i contratti di lavoro non debbano andare al di sotto di un minimo salariale stabilito per categoria professionale.

Ed ecco la domanda da 1 milione di euro: Quali leggi, quali accorgimenti andrebbero varati per rendere la vita dei lavoratori precari vivibile?

Bisognerebbe: riformare seriamente il mercato del lavoro estendendo diritti e tutele per i precari; rendere inclusivo lo statuto dei lavoratori estendendolo ai lavoratori atipici; universalizzare gli ammortizzatori sociali; ma soprattutto abolire definitivamente le 46 tipologie contrattuali introdotte dalla legge Biagi.
Noi della Cgil della Campania abbiamo messo in campo una squadra operativa che monitora e interviene sui contratti di lavoro in particolare su quelli delle pubbliche amministrazioni e attualmente stiamo monitorando gli appalti dei piani di zona. 

Alessandra del Giudice

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