Dalla strada al cinema per raccontare il tempo che passa

le-cose-belle“Le cose belle”, il pluripremiato documentario di Ferrente e Piperno è nelle sale. Ne parliamo con Antonella Di Nocera che l’ha prodotto insieme a loro e a Donatella Francucci. I protagonisti di “Intervista a mia madre” saranno riusciti a beffare un futuro che si annunciava segnato dall’ambiente socialmente a rischio nel quale sono cresciuti?

Ferrente e Piperno sono due registi, pugliese il primo, romano il secondo, tornati a Napoli dopo dieci anni da ‘Intervista a mia madre’ -il documentario prodotto da Teatri Uniti in collaborazione con Rai Tre e destinato al circuito televisivo Rai- per incontrare i quattro bambini protagonisti, Adele, Silvana, Fabio ed Enzo. Ormai adolescenti cose ne è stato delle loro speranze, delle illusioni e della personale visione della felicità? Ce l’hanno fatta a rovesciare il destino che li consegnava dritto nelle mani di un criminalità sempre in agguato?

E’ un film che racconta quattro storie, quattro vite, quattro mondi. Quattro modi in cui la vita ti accarezza o ti schiaffeggia, ti accoglie o ti respinge. ‘Le cose belle’ va ben oltre il semplice progetto cinematografico, è un pezzo di vita di tutti quanti vi abbiano preso parte, dietro e davanti la macchina da presa. Cosa è per lei?

Esatto, un pezzo di vita. Ho la fortuna di vivere sempre seguendo un progetto, ed è così che il lavoro miracolosamente coincide con la vita. Ho cercato di seguirlo da promotrice culturale, da assessore, da insegnante, da produttrice. Il comune denominatore è sempre la passione. Questo film per l'intensità delle relazioni umane e il tempo lungo in cui sono state vissute è una sintesi di un progetto che mette insieme educazione, cioè la necessità di comprendere i giovani e la loro bellezza, con un modo di fare cultura.

Dopo tanti anni come vi aspettavate di trovare i quattro protagonisti del film? È stata una sorpresa scoprire che direzione avevano preso le loro vite?

In realtà non li abbiamo mai persi di vista. Già tra il 2004 e il 2005 avevamo realizzato dei laboratori sul cinema con loro. In particolare, io, vivendo e operando a Napoli, sono stata un punto di riferimento in vari momenti per i ragazzi, finchè nel 2008 si è trovato il modo di ricominciare a filmare le loro vite. E questo è accaduto fino al 2013, sempre in quella particolare modalità che ha di fatto mescolato vita del film e vita reale, tempo della narrazione e tempo concreto.

Essere protagonisti di ‘Intervista a mia madre’ prima e ‘Le cose belle’ poi ha influenzato le loro vite? Che effetto ha avuto la comparsa della macchina da presa nelle loro esistenze?

Mi è sembrato in questi giorni che, proprio vedendoli - uomini e donne - parlare del film con una consapevolezza nuova della loro vita, il film abbia avuto un effetto terapeutico. Enzo, che dopo il primo documentario da bambino non aveva più voluto cantare con il padre, oggi fa il lavoro della posteggia come faceva suo padre. Silvana, che si è sempre scontrata con sua madre, è stata quella che ne ha avuto grande cura durante la malattia e oggi vive con un nuovo fidanzato: si è liberata del peso che la sua famiglia ha potuto rappresentare per lei. Fabio, che è diventato papà da qualche mese, oggi trova il coraggio di dire che le cose belle lui ora sa cosa sono!    

‘Le cose belle’ entra in punta di piedi nelle vite difficili di quei quatto ragazzi senza mai indugiare nella banalità della violenza, senza indagare morbosamente nelle loro esistenze, ma solo provando a raccontare la vita con i loro occhi, lasciando venire fuori le cose belle, appunto, che comunque la vita ha in serbo. E’ un’idea che corrisponde all’intenzione degli autori?

Le cose belle sono le persone che innanzitutto vivono con dignità esistenze magari più difficili di altre, senza mai compiangersi come forse si tende a fare.  Bello è il coraggio di non cadere nelle trappole di una vita contigua a quella criminale che può offrire il soldo facile.  Le cose belle sono poi quelle che questi giovani, alla pari di quelli di tutto il resto del Paese, avrebbero dovuto avere dalla vita: scuole accoglienti, piazze e parchi verdi sereni, opportunità di cimentarsi negli sport, nelle arti, biblioteche e luoghi di aggregazione aperti e stimolanti, anche il sabato e la domenica, quando l'unico posto sicuro dove andare rimangono i centri commerciali: è per questo che per me il film parla anche della responsabilità degli adulti.

Le cose belle è finalmente nelle sale, era un traguardo scontato? 

Assolutamente no. Il cinema italiano oggi soffre soprattutto del sistema distributivo così come si è strutturato. Per noi è stata una scommessa: andare in sala è già un enorme obiettivo raggiunto. I primi dati dicono che siamo il secondo incasso italiano del week end, dopo ‘Le meraviglie’ che ha vinto a Cannes, e con questo caldo! Abbiamo fiducia che il cammino del film possa essere lungo, perché l'amore che è stato profuso per realizzarlo possa circolare tra gli spettatori che lo vedranno in sala.

SHG

Link all’intervista a Giovanni Piperno

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