L'obiettivo nel carcere: un corso di fotografia per i detenuti di Secondigliano

mario-laportaDieci lezioni di due ore per quattordici corsisti che culmineranno con una esposizione alla Feltrinelli. L’obiettivo: “Insegnare i segreti di una buona foto e trasmettere le basi di una professionalità da impiegare una volta che saranno liberi”. Mario Laporta, tra i più apprezzati fotoreporter napoletani, racconta il suo primo giorno di lavoro nel penitenziario di Secondigliano: "Sono motivati ed entusiasti, peccato che in carcere abbiano pochissime altre occasioni per imparare ".

Con Mario (ph. Antonia Tarantino Laporta) collaborano al progetto la giovane laureanda in fotografia Angela Grimaldi e il collega Carlo Hermann con cui condivide l'esperienza dell'agenzia Controluce. "Da sempre diamo grande importanza all'impegno sociale - spiega Laporta - teniamo volontariamente corsi per bambini che abitano in quartieri difficili e per soggetti deboli o a rischio, e ciò che puntualmente ci meraviglia è l’occhio autentico e inedito con cui raccontano il mondo. Un fotografo deve spesso costruirsi una sensibilità per approcciare certi ambienti e certi temi, loro è come se l’avessero già sviluppata e a un grado superiore".

Come è nata l’idea del corso?

"Ce lo ha proposto la onlus “Il Carcere Possibile” che da anni tiene corsi di teatro in carcere e mette in scena spettacoli con i detenuti in alcuni dei più importanti teatri cittadini. L’idea è venuta all’avvocato Tommaso Pelliccia della onlus e ha trovato subito la collaborazione della vicedirettrice dell’istituto di pena, la dottoressa Leone. Abbiamo accettato con entusiasmo, il progetto ci interessa moltissimo. Lo facciamo da volontari e speriamo possa essere l’inizio di un percorso duraturo".

Chi sono i corsisti? Quali le vostre prime impressioni?

"Li ha selezionati l’amministrazione del penitenziario. Hanno un’età compresa tra i 27 e i 45 anni, con storie detentive molto diverse. Siamo alla prima lezione ma l’impatto è stato molto positivo. Generalmente si pensa che questo tipo di attività servano solo a rompere la monotonia della detenzione. Invece vogliono veramente imparare e questo ci responsabilizza ancora di più. Seguono con interesse e fanno le domande giuste. In due ore hanno appreso i diagrammi cartesiani per regolare l’esposizione, cosa che normalmente avviene in due lezioni, e alla fine ci hanno chiesto dei libri su cui studiare".

Cosa impareranno? E per loro potrà diventare un’opportunità di lavoro per il futuro?

Sono le prime domande che mi hanno fatto. Se impareranno dipenderà da loro, ma già mi sembra siano sulla buona strada. Per quanto riguarda la seconda: è difficile come per chiunque, perché è un settore molto competitivo. Noi assicuriamo che alla fine avranno una conoscenza dello strumento fotografico non dilettantesco che potranno provare a spendersi professionalmente. Impareranno inquadratura, composizione dell'immagine, gestione della luce, post-produzione e poi come costruire un servizio fotografico, allestire un’esposizione e confezionare un book. Inoltre abbiamo già in cantiere ulteriori progetti per il futuro".

Cosa avete in mente?

Ho coinvolto un importante marchio internazionale di strumentazione fotografica. Per ora abbiamo ottenuto che ci fornissero i gadget d’abbigliamento che normalmente regalano ai fotoreporter professionisti così da aumentare il coinvolgimento e l’immedesimazione per il lavoro che stanno facendo. Ma spero di ottenere presto una vera sponsorizzazione con la fornitura di macchine per far sì che questo corso diventi una opportunità stabile negli anni con più livelli di formazione e coinvolgendo un numero maggiore di detenuti. Sono fiducioso sulla possibilità che si possa realizzare".

Cosa potranno fotografare in carcere? La location non è troppo “stretta”?

"Per ora possono scattare solo nella stanza in cui si svolge il corso. Ma su loro proposta abbiamo chiesto alla direzione di poter lavorare negli spazi verdi o nel cosiddetto telefono azzurro, l’area riservata agli incontri con i figli piccoli. Per ora ci concentreremo sui ritratti, l’idea che loro hanno subito condiviso è di fotografarsi per raccontarsi e far emergere come da detenuti vogliono rappresentarsi  all’esterno".

Quali risultati ti aspetti per l’esposizione finale?

"E' presto per dirlo, c'è molto da lavorare. Ma dall'approccio di questa prima lezione mi aspetto che alla fine riusciranno a fare un buon lavoro. Anzi. Credo proprio che verranno fuori foto molto dure e molto vere".

Luca Romano

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