Ictus, perché in Campania non esiste una rete di prevenzione e cura?

“Prima causa di disabilità, seconda di morte, ma si può fare molto”.

stroke-unitSi chiamano Stroke Unit, unità speciali di cura per l'ictus, e sono capaci di salvare vite. In Campania, però, una rete capace di ridurre mortalità e disabilità, è disegnata solo su carta, benché nel nostro territorio si muoia più che altrove. Perché? Lo abbiamo chiesto al dottor Giuseppe Russo, presidente di  A.L.I.C.E, Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale per la Campania.

Secondo i dati forniti da Alice Italia Onlus oltre 150.000 casi di ictus, sui circa 200.000 che si verificano ogni anno in Italia, potrebbero essere evitati e in diverse migliaia di casi si potrebbero azzerare o ridurre drasticamente gli effetti invalidanti della patologia con cure adeguate prestate nelle primissime ore dall'inizio dei sintomi. Il trattamento trombolitico, effettuato entro le 4-5 ore dall'inizio dei sintomi permette, ad esempio, ad un terzo delle persone colpite da Ictus ischemico di rientrare nel giro di pochi giorni, alle proprie abitazioni, completamente guarite e ad un altro 50% di tornare a casa in buone condizioni funzionali. Lo stesso vale per i pazienti colpiti da ictus emorragico per i quali il trattamento presso strutture dedicate e da personale specificamente addestrato può fare la differenza fra la vita e la morte. Queste cure sono praticate nelle Stroke Unit, ma, purtroppo nel nostro Paese non sono ancora diffuse in maniera così capillare come dovrebbero, soprattutto al Sud: del totale stimato di oltre 350 Stroke Unit, infatti, ne risultano operative soltanto 154, quasi tutte concentrate nel nord Italia.

In Campania, dice il dottor Russo, “sono tredicimiladiciassette i cittadini che nel 2011 sono stati ricoverati in strutture sanitarie a seguito di Ictus Cerebrale. La stragrande maggioranza di essi non è stata assistita in strutture dedicate; in solo pochissimi casi si è potuto fare ricorso alla trombolisi - terapia capace di sciogliere il coagulo che occlude le arterie cerebrali- praticata quotidianamente nelle 156 Unità Ictus distribuite su tutto il territorio nazionale; pochi pazienti sono stati “presi in carico” da personale sanitario esperto nel trattamento dell’ictus cerebrale ischemico ed emorragico”.

Perché in Campania l’ictus è più invalidante che altrove?

“La Campania ha un tasso molto alto sia per l'ictus ischemico che per quello emorragico e colpisce più dell’infarto cardiaco con 188 casi su 100mila abitanti mentre nel resto d’Italia siamo a 144 su 100mila. Questa è una cosa che potrebbe essere di natura epidemiologica, ma noi non abbiamo gli strumenti per dirlo: quello che diciamo, invece, con forza, è che insieme alla Calabria siamo la regione che non ha una rete di unità dedicata al trattamento dell'ictus in acuto, cosa invece prevista sia da decreti ministeriali che regionali. Sul nostro territorio ci sono realtà che funzionano a Salerno e Benevento, il resto è solo su carta. Ma dobbiamo tenere conto che avere dei punti diffusi sul territorio accresce le possibilità di guarigione: l'icuts è la prima causa di disabilità in Campania e la seconda di mortalità: quante persone potrebbero essere aiutate? Perché non lo facciamo?”

Attuare la rete è possibile? Quali sono i passi necessari da compiere?  

“Qualcosa è in atto: il commissario di governo Morlacco dietro nostra sollecitazione ha avviato lo scorso anno un piano di studio per capire perché il decreto regionale n.49 del 27/09/2010 che prevedeva la creazione della rete non era mai entrato in attuazione. Hanno partecipato al gruppo di lavoro tutti i segmenti che operano quotidianamente nel trattamento dell'ictus, dalla nostra associazione, ai fisioterapisti, e il documento che è venuto fuori è stato approvato e contiene tutte le indicazioni necessarie sia per la localizzazione delle unità che per la loro sostenibilità. Noi abbiamo lavorato perché il decreto n.49 fosse applicabile, ma tuttora il nostro lavoro non è sfociato in un'attuazione”.

Siamo in un momento di crisi economica, la regione è in difficoltà e il comparto sanitario, già in sofferenza, ne esce molto debilitato: può esser questa la causa della mancata attuazione del piano?

“Il problema dei costi non è quello più oneroso: nel nostro documento abbiamo dimostrato che la riconversione di strutture e personale è sostenibile. Noi continuiamo a darci da fare con iniziative, attività di sensibilizzazione anche dei gruppi politici e speriamo di avere una risposta. Nel 2005 abbiamo fatto una petizione popolare che ha poi portato alla creazione del tavolo di lavoro con il governo: ne raccogliemmo 6mila, segno che il problema è attuale e sentito dalle persone.

Nello scorso mese Alice Italia Onlus, ha una serie di iniziative per la prevenzione, il monitoraggio e la sensibilizzazione. Quali risultati avete riscontrato a Napoli?

“Durante la nostra iniziativa, assieme alla Croce Rossa, abbiamo somministrato a circa 180 persone la scheda rischio e abbiamo effettuato circa 60 ecodoppler. È un segnale che anche la mentalità della gente sta cambiando: qualche tempo fa uno studio del Censis pubblicato da Il Sole 24 Ore segnalava che il problema nasce anche dalla percezione dell'opinione pubblica sull'ictus, vista come patologia che non può essere curata, noi, invece, vogliamo dire e segnalare il contrario: ci sono diversi tipi di ictus, c'è quello giovanile, è bisogna prenderne consapevolezza per prevenire e curare”.

L’ALICe Campania è al Rione Sirignano 9, tel. 334 1794916

L’ALICe Salerno è invece contattabile allo 089 672343 (ore 10-12) - 3341202030

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Raffaella Ferré

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