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venerdì 29 Marzo 2024




Sul filo dell’emozione

Telefono amico Napoli: con la crisi è cresciuta la domanda di ascolto

telefono-amico-napoliCon la crisi le telefonate ricevute dal telefono Amico di Napoli sono in costante aumento e vanno dalle 4416 del 2009 alle oltre 5000 del 2012, tanto che l’associazione è sempre alla ricerca di nuovi volontari. Ci racconta il perché il Consigliere del direttivo del Telefono Amico Napoli, la cui identità per tutelare la privacy è segreta insieme a quella degli altri volontari.

Depressione, attacchi di ansia, il pensiero di farla finita. Ci sono momenti nella vita in cui si ha bisogno di essere ascoltati. E basta. In alcuni casi non va bene un amico e neanche un familiare. Il timore di essere giudicati o di poter far soffrire chi ti è vicino sono un deterrente. In questi casi il Telefono Amico può rappresentare un filo di speranza in un mare di solitudine.
Nato a Londra nel 1945 si è diffuso in molti paesi del mondo con lo scopo di prevenire il suicidio, soprattutto nei paesi del nord Europa.   
A Napoli Telefono Amico (www.telefonoamiconapoli.org)nasce  nel maggio del 1965, come Voce Amica una Onlus che ha poi aderito a Telefono Amico Italia e all’IFOTES (International Federation Of  Telephonic Emergency Service) e si pone l’obiettivo  di offrire a coloro che lo desiderano ascolto non specialistico, né settoriale, apartitico e aconfessionale. Il numero 081/400977 è attivo dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 23.00 e il sabato, la domenica e i festivi  dalle 17.00 alle 21.00.

Cosa è il Telefono Amico Napoli?

Il Telefono Amico Napoli ogni giorno è  all’ascolto di tutti coloro che, anche solo per un momento sentono la solitudine, avvertono  il bisogno di parlare, di sfogarsi con chi non li conosce e non li giudica. Un grande impegno per chi, come noi, vive sul “filo delle emozioni”. Deve essere salvaguardato l’anonimato di chi chiama e di chi ascolta; ciò anche per consentire a chi chiama la massima riservatezza e la più completa e libera esposizione delle problematiche personali. L’associazione si autofinanzia: i volontari sostengono le spese grazie a una modesta quota associativa.

I volontari devono avere dei titoli e delle caratteristiche particolari?

Non c’è bisogno di un titolo di studio specifico, ma di mettersi in gioco.I volontari sono capaci di ascoltare l’altro senza giudicarlo, senza pregiudizi, senza sentirsi superiori, e si impegnano a formarsi in un corso molto duro che dura 6 mesi, alla fine del quale saranno in grado di accogliere disagi, fragilità quotidiane.I 20 volontari non offrono soluzioni miracolose, ma cercano di riattivare le potenzialità inespresse di chi chiama, mirando a metterlo nella condizione di operare liberamente le proprie scelte. I volontari offrono di compiere una “passeggiata” insieme alle persone che hanno il coraggio di alzare la cornetta.

 Chi chiama il Telefono Amico di Napoli?

Non c’è un utente tipo, può avvenire a chiunque di avere bisogno di ascolto e il familiare o l’amico non sono le persone più adatte.
Essendo un servizio che non si rivolge ad un' utenza specifica, abbiamo chiamate da persone dai 20 ai 90 anni ma anche è possibile verificare una prevalenza di persone che ha tra i 35 e i 55 anni (circa il 35%). Le persone che si rivolgono al servizio sono di ambo i sessi, ma si riscontra una lieve prevalenza : 56% uomini, 44% donne. Le donne evidentemente hanno più capacità di chiedere aiuto ad amici e familiari, gli uomini no.
Anche analizzando l'aspetto lavorativo, l'utenza risulta variegata ma sommando le casalinghe, i pensionati (sia per anzianità che per invalidità) e i disoccupati, la maggioranza (oltre il 60%) si può considerare non occupata. Per quanto riguarda il contesto nel quale vivono, il 62% vive con famiglia o amici o con il partner, il 38% vive solo.

Circa il 60% delle telefonate sono effettuate da persone che hanno chiamato anche in precedenza e che si rivolgono al servizio in modo più o meno continuativo, mente il 40% sono singole richieste di ascolto. Le problematiche maggiormente riscontrate riguardano la solitudine, la depressione e  il disagio psichico (il 56% degli interventi), l'ambito delle relazioni (circa il 20 % ), e aspetti legati alla sessualità (circa il 14%). Dalle telefonate emergono molte emozioni e i vissuti maggiormente espressi sono: abbattuto, triste, arrabbiato e confuso. Ci sono anche persone che parlano di farla finita, ma si tratta di suicidi non messi in atto, poiché quelli che avvengono realmente non vengono di solito verbalizzati. Il malessere umano ha mille sfaccettature che puoi chiamare uomo, donna. Risponde non solo al bisogno di una casa o di un lavoro. Risponde al bisogno “sto male”.

Perché chiamare il Telefono Amico e non rivolgersi ad uno psicologo?

Le persone che si rivolgono a noi non hanno maturato la decisione di andare da uno psicologo, di fatti il Telefono si rivolge più specificamente a chi ha un’emergenza emozionale. Non è un caso se a livello internazionale il servizio nasce proprio per la prevenzione del suicidio.
Il volontario può chiedere se la persona ha pensato di rivolgersi ad uno specialista, ma senza forzarlo in nessun modo. Noi apriamo il ventaglio delle possibilità, ma non suggeriamo alcuna scelta. Ci curiamo dell’emergenza del qui ed ora.

Qual è l’effetto del sostegno telefonico? Avete dei feed back?

L’effetto immediato è il calo delle pressioni emotive: già parlare dei propri problemi aiuta a rilassare la tensione. Lo capiamo perché quando abbiamo terminato la telefonata è calata l’ansia, il tono della voce è più tranquillo. Spesso sono le stesse persone a dirci che si sentono meglio. A parte questo non abbiamo feed back di cui poterci nutrire, proprio perché le persone che ci chiamano restano anonime. Tuttavia ci sono storie che abbiamo seguito nel tempo e sappiamo che ci sono persone che hanno avuto la forza e il coraggio di affrontare le proprie problematiche.
Una storia di cui conosciamo il lieto fine è quella di una persona che ha chiamato il Telefono Amico e si stava suicidando e la volontaria ha avuto la prontezza di contattare le forze dell’ordine che hanno salvato l’utente. Noi diamo la nostra disponibilità, ma ciò che riceviamo in termini di umanità è immenso.

E’cambiata la richiesta di aiuto con la crisi?

Negli ultimi 2 anni c’è stato un incremento di telefonate e di utenti che si rivolgono anche in modo occasionale a noi. C’è un malessere sottile ma diffuso, non sempre legato ad un particolare stato sociale. La crisi ha acuito la sensazione di assenza di speranza: c’è nelle persone una maggiore confusione nel cercare un filo emotivo. Le persone non sanno più come muoversi, vivono disagi economici, ma anche una caduta di valori. Si crea quella che gli esperti chiamano “causazione circolare”: quando c’è povertà se non si inverte la tendenza si diventa sempre più poveri anche socialmente e culturalmente.
Guardando ai dati raccolti per l'Osservatorio del disagio che monitora alcune tematiche specifiche: il disagio psichico, il disagio economico legato alla crisi, le parafilie, si può notare che il disagio con più rilevazioni è il disagio psichico (circa 700 casi); più o meno stabile intorno ai 250 - 300 casi  il disagio legato all'ambito delle parafilie, mentre è in aumento il disagio economico che negli ultimi due anni ha raggiunto i 500 casi.
Indubbiamente tra chi chiama è in aumento anche chi soffre di un disagio psichiatrico a causa della caduta delle reti offerte dal servizio pubblico in seguito alla chiusura dei centri di igiene mentale: mancano strutture alternative sul territorio.

Crede che rispetto ai disagi sociali ed economici la società potrebbe fare di più?

La tensione continua fa sfilacciare la rete familiare che non riesce più a garantire aiuto ai suoi membri.  In una stessa famiglia più difficoltà si sommano: il capofamiglia disoccupato, un membro malato, la mancanza di servizi sociali, la carenza della refezione scolastica e del tempo prolungato per i figli. Le famiglie sono esasperate, e le persone reagiscono come lupi tra i lupi, tendono a difendere ciò che hanno. Manca la capacità di accogliere l’altro, c’è un egoismo legato alla sopravvivenza. Non si capisce che l’unico modo di superare la crisi è collaborare. E’ una strada di Pollicino, ma forse piccoli gesti, per alcuni poco importanti, oggi sono una speranza. E’ importante che ci sia qualcuno che ti dice: “Io sto con te anche se stai male”. Come dice Gramellini: “quello che manca oggi è la capacità di immaginare che c’è una possibilità”.

Napoli vive un disagio particolare?

Il disagio economico è diffuso, ma nel sud Italia e a Napoli lo sentiamo di più. C’è un malessere legato alla precarietà, all’incertezza economica e all’impossibilità di immaginarsi il futuro, soprattutto nei giovani e negli anziani. Inoltre manca un welfare strutturato: si può dire che viviamo in una situazione ad alto tenore di disagio.
 L’altra faccia della medaglia è che qui al sud c’è una maggiore solidarietà e ci sono tanti volontari che rappresentano un valore umano ed economico enorme. Penso ai tanti volontari di Telefono Amico che pur essendo precari donano alcune ore del loro tempo agli altri. Purtroppo molti tra coloro hanno collaborato con noi si sono allontanati per cercare lavoro al nord e altri e dovranno andarsene da Napoli. E’ un grandissimo spreco: il sud perde la sua parte sana che può fare del bene.

Alessandra del Giudice

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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