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Mercoledì 24 Aprile 2024




"Barriere architettoniche, una questione non solo per disabili"

intervista a Liana De Filippis, architetto che ha reso accessibile l'Osservatorio Astonomico.

liana-de-filippisIn cinque anni è riuscita a far abbattere quasi tutte le barriere architettoniche dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte dove lavora come ricercatrice, è l’Architetto Liana de Filippis, da alcuni anni responsabile tecnico volontario della Peepul, l’associazione per i diritti dei disabili. L’ultimazione dei lavori a inizio marzo.

“Avremmo potuto metterci la metà del tempo, ma ci sono state resistenze-racconta-. Volevamo la soluzione ottimale e alla fine abbiamo ottenuto un buon compromesso”. L’ultimo ostacolo sarà rimosso a breve, un ascensore spianerà l’ultimo accesso rimasto precluso ai disabili.
L’Architetto de Filippis insieme alla Peepul, fondata da Ileana Esposito Lepre, a breve firmerà un protocollo d’intesa con il Comune per sostenere il piano di abbattimento delle barriere architettoniche: “A Napoli mancava, cercheremo di implementarlo e renderlo efficiente- spiega-. E’uno strumento che, se ben utilizzato, può coniugare il dovere all'accessibilità con il risparmio economico. Per fare un esempio, se ci sono lavori di riparazione di una condotta fognaria, si fa in modo che quando si ricostruisce il manto stradale si provveda a rifarlo a norma, senza prevedere interventi straordinari. Perché funzioni è necessario che si proceda ad una mappatura delle barriere in tutta la città e noi daremo un nostro contributo anche in questo senso”.

Qual è la situazione di partenza a Napoli?

“E’ evidente. Le barriere sono ancora troppe. Le normative non vengono rispettate il più delle volte né dal privato, né tantomeno dal pubblico. Come esperimento proporrei ai funzionari preposti all’urbanistica di provare a farsi un giro per la città bendati, o in carrozzina. Si troverebbero ad affrontare difficoltà insormontabili. Di recente si stanno realizzando sempre più loges, i percorsi sensoriali per non vedenti, ma ancora non basta. Anzi, abbiamo dovuto costatare come molti semafori acustici vengano messi fuori uso da chi probabilmente non ne sopporta il suono o per semplice vandalismo e di rado rimessi in funzione”.

Come è possibile che le norme vengano disattese persino in edifici e negozi nuovi?

“Il primo problema è culturale e di sensibilità. Non ci si preoccupa affatto dell’accessibilità. L’esercente privato, ad esempio, crede di poter risparmiare non rispettando la norma, la ditta che esegue i lavori si attiene alle disposizioni, il direttore del cantiere che è un collega fa finta di nulla e, infine, non ci sono adeguati controlli. La legge è in vigore da quasi venti anni, basta farsi un giro per le strade dello shooping e rendersi conto di come resti lettera morta. Quando si avvia una ristrutturazione si ha l’obbligo di presentare un progetto che preveda l’accessibilità, come è possibile che non venga fatto rispettare?  E non solo a Napoli, è la stessa situazione nella maggior parte del Paese”.

Responsabili, dunque, sono anche i progettisti

“Di sicuro. Nelle nostre facoltà di architettura e ingegneria il tema della disabilità è quasi un corollario. Basti pensare che ci sono talvolta dei corsi appositi sulle barriere architettoniche. E invece dovrebbe diventare una sfida della progettazione. Lo spirito autentico di chi costruisce edifici, pianifica un assetto urbanistico, ristruttura un palazzo deve essere quello di rendere tutto armonico, fruibile e funzionale.  Si pensa sempre all’accessibilità guardando all’handicap. Non deve essere così, è un concetto più ampio e riguarda tutti”. E per chiarire l’idea mostra la biblioteca virtuale nel museo dell’osservatorio, volumi su uno schermo che è possibile tirare fuori dallo scaffale con il movimento a distanza delle mani, aprire e sfogliare. “Sono riproduzioni di antichi libri che custodiamo nelle teche dell’esposizione. Ma al di là dell’emozione di osservare volumi preziosissimi, abbiamo ritenuto necessario che fossero anche consultabili. In questo senso intendo l’accessibilità. E poi tutti noi per quanto tempo viviamo da uomini vitruviani, in perfetta forma, con tutte le abilità espresse al massimo? Con gli anni finiamo tutti per necessitare di condizioni ambientali e urbanistiche, per così dire, più comode”.

All’Osservatorio è riuscita ad abbattere le barriere anche se si tratta di una struttura sottoposta a vincolo dalla Sovraintendenza. Come ci è riuscita?

“Avevamo in mente interventi più radicali, che io definirei ottimali. Il risultato conseguito è un buon compromesso. E’ stato semplice tra virgolette, basta far capire ai funzionari che se un luogo è aperto al pubblico devono poter entrarci anche i disabili. Altrimenti si chiude per tutti. Poi le soluzioni si ricercano insieme, cercando di ottenere gli obiettivi coniugando il rispetto dei vincoli, l’impatto ambientale, e la funzionalità. Spesso le norme sono intese dai progettisti come adeguamento a standard rigidi, invece non è così, sono flessibili, e bisogna lavorare di ingegno per ottenere il risultato. Il nostro potrebbe diventare un precedente per altri monumenti e luoghi d’interesse artistico della città”. 

L.R.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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