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venerdì 19 Aprile 2024




“I diritti dei disabili non devono dipendere dal reddito”

Ne parliamo con Giovanni D’Alessandro, presidente provinciale dell’UICI.

ciechi

Il Cavaliere Giovanni D’Alessandro, dal 1998 presidente provinciale dell’U.I.C.I. (Unione Nazionale Italiana Ciechi e Ipovedenti), festeggia uno scampato pericolo: la proposta di legare l’indennità per i disabili al reddito, tuttavia ci racconta come sui diritti dei non vedenti e dei disabili gravi si stiano compiendo gravi passi indietro.

Quali tutele hanno oggi i disabili gravi, come i ciechi?

Chi non è in grado di svolgere gli atti quotidiani, come un non vedente assoluto, ha diritto all’indennità di accompagnamento, 830 euro per i ciechi, equiparati ai ciechi di guerra, mentre per i disabili civili l’accompagnamento è 500 euro. Non mi sembra giusta questa riduzione perché ogni disabile ha la sua dignità. Queste persone oltre a perdere l’orientamento, perdono anche l’equilibrio mentale. Il disabile ha diritto a non dipendere dalla famiglia, ma a vivere la sua vita che viviamo con serenità, ma è fatta di tanti problemi incontestabili. Anche se andiamo a bere un caffè abbiamo bisogno di essere accompagnati da qualcuno. Non vogliamo essere costretti a chiedere la carità, vogliamo solo che vengano riconosciuti i nostri diritti.

Quanti sono i ciechi?

In Italia sono 120 mila, mentre in Campania 12 mila, tra ipovedenti gravi, ossia che hanno un ventesimo ad entrambi gli occhi, e i ciechi assoluti. Mentre in Italia sono circa 1 milione coloro hanno  gravi forme di cecità, di fatto chi vede un decimo o un quindicesimo non è lontano da un ipovedente grave. La disabilità non è solo un limite fisico, ma incide profondamente sulla psiche, ad esempio c’è differenza tra chi è nato cieco e chi lo è diventato a 20, 30 anni, in questo ultimo caso è molto più difficile abituarsi. Ma ogni disabilità, compromettendo gravemente la conduzione quotidiana dell’esistenza, va tutelata.

Eppure quest’anno sono stati messi in discussione i diritti elementari dei disabili…

Nel ’98 avevamo raggiunto uno stato sociale invidiabile in tutta Europa, invece sono stati fatti molti passi indietro, così i diritti raggiunti quest’anno siamo stati costretti a difenderli con le unghie e con i denti. Ci siamo recati fino a Montecitorio e a Palazzo Madama, con le nostre disabilità, a gridare che la minorazione non può essere legata al reddito, altrimenti finirebbero tutti gli aiuti. Si voleva speculare sui disabili, stabilendo che l’indennità di accompagnamento non fosse concessa al di sopra dei quindicimila euro, una cifra che in una famiglia basta appena a sopravvivere, mentre un disabile ha bisogno di assistenza continua. Per fortuna per una volta abbiamo avuto il sostegno dei partiti che hanno detto al Governo che questo sistema era impraticabile. Così abbiamo vinto.

Quali sono le disfunzioni sociali che accrescono i problemi dei disabili?

L’istruzione è importantissima per un disabile perché attraverso di essa può rendersi meno dipendente eppure quasi mai nelle scuole c’è il rapporto uno ad uno, come recita la legge 104, tra disabile grave e insegnante di sostegno. Questo dipende dal Ministero dell’Istruzione che non ha i soldi, i presidi dicono che non hanno i mezzi e ai Comuni vengono fatti i tagli, la provincia ancora più. Inoltre c’è un grave problema di mancanza di informazione sui diritti: i medici di famiglia spesso non sono a conoscenza delle modalità di accesso alle indennità e dunque non avvisano i pazienti. Ci sono leggi che obbligano alle assunzioni, ma anche là siamo indietro. I diritti ci sono ma non vengono applicati. Un’azienda che non ottempera al dovere può essere sanzionata con 50 euro al giorno. Il lavoro è fondamentale perché consente ai disabili di vivere con dignità.
Quello che più ci dispiace, infatti, è quando ci dicono “vi abbiamo fatto il favore”. Noi non lo vogliamo. Vogliamo i diritti, punto di partenza di una società civile.

Per fortuna esistono istituzioni che sostengono i disabili e le loro famiglie…

Infatti, le associazioni che fornisco gli ausili umani e tecnologici per i disabili e le loro famiglie, offrono confronto e dialogo e dunque fanno sentire meno soli. Un ruolo fondamentale lo svolgono gli istituti, una decina in Italia, di cui due in Campania, a Napoli: il Colosimo e il Martuscelli. Entrambi  derivano  da un gesto d’amore. Tommasina Colosimo comprò il Colosimo in ricordo del figlio morto prematuramente. Martuscelli era un funzionario della Corona, insegnante, e i suoi averi li utilizzò per creare l’istituto.
Il Colosimo ha una storia gloriosissima alle spalle: venivano da tutto il mondo per vedere come funzionava l’istituto, gli studenti provenivano anche da Trento, un ottimo istituto sebbene governato da una rigida disciplina. Oggi abbiamo la fortuna che sia arrivata una direttrice (Mariarosaria Ciotola) che si è calata completamente nella realtà dei non vedenti e delle loro esigenze. Ed ha cominciato piano piano ad entrare nel cuore dei ragazzi, che le hanno dato fiducia. E nell’istituto si respira armonia.

Info: www.uicinapoli.it

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