Il Mediterraneo è il capro espiatorio della crisi?

La discussione al FestivalStoria.

theplacetobeE' il presente ad invadere la storia o sono i cicli del passato che ripetendosi portano a noi la sensazione di conoscere già il finale? E' un interrogativo filosofico, ma che la crisi ha reso drammaticamente concreto perché è difficile, nel cercare prima le ragioni e dopo le vie d'uscita a quanto stiamo vivendo, non guardare al passato.

La prima edizione napoletana del FestivalStoria si è conclusa da pochi giorni ma le domande e le analisi portate dai relatori, le immagini delle mostre fotografiche, i pezzi di vita filmata dai documentari, restano. Le domande anche.

L'area mediterranea è il soggetto debole del sistema europeo o ne è il capro espiatorio? Napoli, la Campania e le altre regioni del Meridione, stanno pagando lo scotto di essere a sud dell'Italia oltre a quello di essere esposte ad un bacino territoriale tanto sconquassato?

Amedeo Di Maio, economista, spiega che l'elemento naturale della crisi è un problema istituzionale: "La storia ci dice che  quando la finanza entra in difficoltà è la società a mostrare un'economia reale e sostenibile che consente di venir fuori dalle situazioni di crisi. Oggi, però ci troviamo ad avere a che fare con un fenomeno lungo, che risponde al nome di finanziarizzazione: si passa dalla produzione di servizi e cose - produzione che presuppone relazioni di scambio - alla speculazione. Possiamo oramai vivere senza produrre ma limitandoci a ridefinire continuamente il valore di ciò che esiste già". La finanziarizzazione si accompagna alla riduzione della democrazia, spiega ancora il professore Di Maio: "Esistono delle norme economiche che sono diventate un vincolo alle possibilità di scelta di un popolo" .

Essere deboli è una colpa?

"No. La crisi è in primo luogo un problema generale, ma in Europa si è scatenata una caccia alle streghe che vede il nord contro il sud. All'inizio il debito greco rappresentava il 2% del debito totale, ma l'attribuzione di una colpa e le sanzioni hanno peggiorato le cose". La professoressa Maria Negreponti-Delivanis suona l'allarme: "L'austerità selvaggia sta provocando danni: è la prima volta che, in tempo di pace, viene registrata una recessione tanto lunga". Lo scenario descritto porta rimanda ad un passato da Impero Romano in cui la schiavitù per debiti era una pratica consolidata.

Come mai anche i paesi più sviluppati del Mediterraneo si trovano nelle stesse condizioni di quelli in cui crisi politiche ed economiche hanno minato i miglioramenti e il progresso?

Paolo Malanima, economista, storico e direttore dell’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo propone una serie di grafici che disegnano in maniera inequivocabile le ragioni del nostro presente. I paesi più sviluppati dell’area hanno visto, negli ultimi anni, una decrescita, che sovrapposta ai picchi raggiunti, invece, da altri paesi dell’area che pur non avendo le stesse basi, sono riusciti ad influenzarne l’andamento economico. Le motivazioni di quanto stiamo vivendo vanno dunque ricercate portando a supporto un’analisi concreta delle nostre risorse: i punti di forza sono il turismo, l’edilizia, ma non, ad esempio, l’industrializzazione.

Rossend Domènech e Arcadi Oliveres, rispettivamente giornalista spagnolo che si occupa di raccontare l’Italia ed economista spagnolo, attivista di “Justícia i Pau”, un’organizzazione per la promozione e difesa dei diritti umani, portano alla discussione il punto di vista estero, spostando le riflessioni sull’attualità europea. In primo luogo Domènech si concentra sull’utilizzo dei FAS, i fondi per le aree sottoutilizzate. Ma la domanda vera e propria le responsabilità e le vie d’uscita dalla stagnazione economica.

Chi sono i responsabili della crisi? Quali strategie per uscirne?

"I diretti responsabili della crisi sono ancora al centro della vita politica ed economica dell'Europa. Non sono stati puniti, bensì spesso hanno dei ruoli importanti negli scenari mondiali", incalza il primo. "Sono le banche ad avere oggi un ruolo politico mentre con la crisi che viviamo sarebbe essenziale rendere i cittadini i più vicini alle decisioni e all'impegno", dice Oliveres.

Raffaella Ferré

In foto “The Place to be” di Eloisa D’Orsi. Ex bar ristorante chiuso a Kato Petralona, Atene.

Le foto di Eloisa D’Orsi erano esposte a Castel Dell’Ovo

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