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venerdì 19 Aprile 2024




Per i Rom occorrono quartieri aperti

bambini-rom“Non vedo nulla di male nel fatto che un’area industriale si attrezzi con un muro di recinzione. Mi preoccupa, invece, che la costruzione della barriera sia stata legata mediaticamente alla presenza del vicino campo Rom. Così si colpevolizza ancora una volta un’intera comunità, non è un segnale positivo”.  Per Enzo Somma della Comunità di Sant’Egidio, da anni impegnato nella scolarizzazione dei bimbi Rom del campo di Scampia, la recinzione dell’area Asi di Giugliano per come è stata presentata, rischia di alimentare antichi pregiudizi sui Rom.

“Da sempre sono usati come capro espiatorio nei momenti di crisi. A Napoli si è toccato il fondo con il pogrom del 2008 nel campo di Ponticelli. Da allora non ci sono stati episodi altrettanto gravi, ma nelle aree dove vivono la situazione resta tesa”.

Ponticelli, Barra, Scampia, Secondigliano, come vivono i Rom nei campi della periferia cittadina?

“Va sgombrato subito il campo da alcuni equivoci: i Rom non sono nomadi, la maggior parte di quelli che vive a Napoli è arrivata in città all’epoca della guerra nell’ ex Jugoslavia. Vale a dire da oltre venti anni. E poi non tutti vogliono continuare a vivere nei campi e se avessero la possibilità preferirebbero un appartamento. Per affrontare la questione bisogna capirne la complessità. Attualmente il problema più grande, al di là dell’ostilità e del sospetto diffusi di cui sono oggetto, è la situazione abitativa. Roulotte e baracche in molti casi sono invivibili e pericolose. Non c’è grande differenza rispetto a Roma, dove negli ultimi mesi sono morti nei capi cinque bambini per la mancanza di elementari misure di sicurezza nei campi.

Le istituzioni cittadine sono al corrente di questo pericolo?

“Sanno tutto. Almeno da tre anni, quando è stato fatto un censimento tra i Rom. In molte città si è intervenuti in modo repressivo, sgomberando i campi e costringendo le comunità a trasferirsi in luoghi ancora più nascosti e pericolosi. A Napoli in passato si è usato invece un altro metodo che definirei della “tolleranza indifferente”: non si interveniva in maniera repressiva, ma non si faceva nulla per far fronte ai problemi. Speriamo che ci sia un cambio di prospettiva con la nuova amministrazione”.

Quali sono i primi segnali ricevuti?

“Un primo passo significativo è stato fatto a Cupa Perillo. Per il campo di Scampia è stato avviato dalla precedente Giunta un progetto per il risanamento e la risistemazione abitativa dei due terzi dell’area. Prima di renderlo operativo la nuova amministrazione ha voluto ascoltare il parere delle associazioni, ma soprattutto dei Rom che ci abitano. Speriamo che quando i lavori saranno avviati se ne terrà conto”.

Come dovrebbero essere pensate le aree da destinare ai Rom?

“Il mio sogno sono quartieri aperti. Non più i container e le baraccopoli confinate nelle estreme periferie. Il modello della ghettizzazione è chiaramente fallimentare. La chiusura è controproducente. Non fa che accrescere incomprensioni e paure in chi vive nelle zone limitrofe”.

Luca Romano

5 agosto 2011

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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