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Il referente campano del Comitato 16 novembre spiega le ragioni della protesta.
Sembrava una vicenda risolta, con il governo pronto a finanziare il fondo per le non autosufficienze. E invece da questa mattina è ripreso lo sciopero della fame di oltre 200 malati di Sla. Andrà avanti ad oltranza e per il 21 novembre annunciano una manifestazione clamorosa a Roma: “Andremo al ministero dell’Economia senza bombole di riserva. Il governo avrà solo 6 ore per trovare una soluzione prima che accada il peggio”. Intervista a Raffaele Pennacchio referente campano del comitato 16 novembre che organizza la protesta.
I fondi promessi dal governo non sono sufficienti?
“In realtà non abbiamo ricevuto proposte concrete dopo il primo sciopero della fame, solo dichiarazioni di intenti da parte del ministro Grilli. Noi non stiamo elemosinando nulla, rivendichiamo il nostro diritto alla cura. Non è accettabile continuare a sentire che i malati avranno i fondi”.
Pare che siano pronti 200milioni per il fondo non autosufficienze
“Nel fondo Catricalà (art. 8, comma 21, disegno di legge di stabilità) non c'è nulla di definito, c'è di
tutto e di più, vogliamo certezze, una cifra definita. E poi è stato quasi soppresso il fondo Letta (art 23, comma 8, legge 135/2012, la cosidetta spending review) portandolo da 658 milioni a poco più di 56 (art. 8 comma 18, disegno di legge di stabilità). Duecento milioni sono una cifra sufficiente forse per i malati di Sla. Ma noi non intendiamo tradire una battaglia che abbiamo cominciato in nome dei diritti di tutti i malati gravi. Non si sa quali forme di supporto ci saranno, ad esempio, per i malati di distrofia muscolare spinale che affligge molti bambini e che costringe alla Peg per l’alimentazione e alla tracheotomia per la respirazione”.
Quanto occorrerebbe allora?
“Chiediamo almeno 400 milioni. I malati affetti da malattie e in condizioni analoghe a quelle della Sla sono circa 150 mila in Italia, e un terzo già è in condizioni di non autosufficienza totale. Ma chiediamo che questi soldi vengano erogati non come un’elemosina, ma attraverso dei protocolli di assistenza chiari. Non vogliamo che vengano erogati finanziamenti uguali e a pioggia, piuttosto caso per caso a seconda delle esigenze. Da tempo chiediamo che nelle singole Asl vengano attivati comitati di valutazione che verifichino il livello degenerativo delle malattie e provvedono di volta in volta ad adeguare il sistema di cura individualizzato”
Per un malato di Sla di quali servizi si parla?
“Serve nelle fasi più gravi di un’assistenza 24 ore su 24. Oggi i malati sono assistiti solo dai familiari che smettono di fatto di condurre una vita normale, non potendo mai allontanarsi dal congiunto. Sarebbe già sufficiente un finanziamento per un infermiere o una collaboratrice domestica. E paradossalmente così lo Stato risparmierebbe molto: basti pensare che un solo giorno in un reparto di rianimazione, ricovero che spesso si rende necessario in mancanza di assistenza domiciliare, costa in media alla sanità pubblica 2.500 euro”.
Siete decisi ad andare fino in fondo?
“Speriamo vivamente che il governo capisca la drammaticità della situazione. Di certo noi non siamo disponibili a contrattare e accettare compromessi su questione di diritti. Non si dica più che i malati di Sla suscitano interesse mediatico maggiore perché mostrano di se stessi un’immagine pietosa. La nostra è una battaglia per il diritto alla salute di tutti”.
LR
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