Asili Nido, si allarga la protesta delle mamme

I genitori raccontano disagi e disservizi.

asilo-nidoLa refezione che non c’è dovrebbe partire il 5 novembre prossimo. “A netto di imprevisti” fanno sapere dal Comune che ha espletato il bando di assegnazione del servizio, poi ci saranno le nomine delle educatrici e potrà partire il tempo prolungato. Intanto ai genitori dell’asilo Jemma si uniscono quelli di altri nidi comunali: “Non ci fidiamo. Potremmo chiedere i danni per il disagio procurato”.

“La refezione partirà il 5 novembre? E se parte, arriveranno le maestre?”, l’opinione prevalente dei genitori riuniti in assemblea è che si tratti “di un modo per prendere tempo”. I primi a rompere gli indugi, quasi un mese fa, sono stati i padri e le madri dei bimbi dell’ asilo Rocco Jemma che hanno organizzato manifestazioni di protesta e avviato un servizio autonomo di refezione.  A loro si sono uniti i genitori di altri asili nido e scuole per l’infanzia, Il Guido Rossa di Bagnoli, L’Oberdan di Monteoliveto, la Fanciulli di corso Vittorio Emanuele, la Logetta di Fuorigrotta: “Refezione o meno, l’unica certezza è la disorganizzazione che ha procurato disagi enormi ai bambini e ai familiari. Così si assesta un colpo mortale alla scuola pubblica”, attaccano.

In una città che garantisce solo il 3 percento di posti pubblici negli asili, una percentuale lontanissima dal 33 percento fissato come standard europeo, sono tanti i genitori che rinunciano all’assegnazione. A testimoniarlo la riapertura del bando d’iscrizione a un mese e mezzo dall’inizio delle attività scolastiche: “E’ inevitabile. I costi delle rette sono praticamente raddoppiati e c’è chi arriva a pagare 280 euro al mese”, spiegano le mamme del Comitato Rocco Jemma, “e alla riapertura abbiamo saputo che non ci sarebbe stato il tempo prolungato. Come fanno dei genitori che lavorano a riprendersi i figli alle 12 e 45?”.

L’alternativa di portare i figli in strutture private è un’opzione che scartano. “Ci abbiamo pensato, costretti dalle circostanze. Ma non vogliamo rinunciare al diritto di una scuola pubblica. La nostra è anche una battaglia ideologica”, spiega Giovanna; “ Se avessi la possibilità economica lo farei subito, mi eviterei lo stress di dovermi giustificare con il mio datore di lavoro perché devo allontanarmi ogni giorno per riaccompagnare a casa il bambino”, dice Mario, “Intanto però ho già dovuto ricorrere a una baby sitter, pagando altri 250 euro”; “Ho visitato diversi asili privati, quelli che ho visto sono stanzoni in cui non si svolge nessuna attività educativa. In un posto così non ce lo porto”, racconta Francesca, che nel tempo libero fa la volontaria nella biblioteca per l’Infanzia “Nati per leggere” al Pan; “Strutture inadeguate e costi proibitivi, se si ripristinasse un funzionamento regolare la Jemma, ad esempio, sarebbe un’eccellenza”, dice Lea.

Nel mese e mezzo di agitazione i genitori riuniti nel Comitato non vogliono limitare la loro azione alla questione refezione: “Vogliamo che ci sia una comunicazione migliore con dirigenti scolastici e amministrazione per evitare i disagi di questo periodo. E essere considerati parte attiva nella definizione dell’organizzazione scolastica sul funzionamento e sulla qualità del servizio. Abbiamo dimostrato con la nostra azione di voler contribuire a migliorare le condizioni della scuola”, spiegano. Per il futuro chiedono sia data “l’assoluta priorità alla manutenzione e messa a norma delle strutture scolastiche in modo da rendere funzionali anche refettori e cucine già esistenti e, più in generale, garantire le condizioni essenziali per la qualità del servizio”. E nell’immediato: “Se il 5 novembre non sarà ripristinata la normalità saremo costretti a rivolgerci ai tribunali”.

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