Parte dai giovani la conoscenza dei rom

Intervista a Paola Romano, autrice di “Diario di una zingara napoletana”

diario-di-una-zingara-napoletana“Qual è la strada per la convivenza serena con i rom?” Lo chiediamo all’autrice di “Diario di una zingara napoletana” . Paola Romano è insegnate e operatrice sociale di Arciragazzi e collabora come volontaria alla scolarizzazione dei bambini rom di Barra e Ponticelli.

Gli accadimenti di Pescara, fanno temere una nuova ondata di odio nei confronti dei rom?

La violenza dipende dalla mancanza di conoscenza. I mezzi di comunicazione raccontano solo le cose negative che riguardano i rom e alimentano il pregiudizio. Quando hanno incendiatoil campo di Ponticelli, i rom hanno preso le loro cose e sono andati via in silenzio: sono un popolo pacifico, che non ha mai fatto guerre. Bisogna sfatare i pregiudizi.

Anche i bambini sono vittime di pregiudizio?

Mi definiscono spesso “l’insegnante che porta i rom a scuola”. Ci sono insegnanti solidali e sensibili ed è nelle loro classi che cerco di inserire i bambini rom, ma ci sono anche insegnanti che trattano male i bambini sporchi o malvestiti. Purtroppo viviamo in un mondo fatto di apparenza e spesso ciò che conta è il primo impatto. Secondo la società bisogna essere puliti, ordinati e profumati e i rom rappresentano nell’immagine comune l’opposto di tutto questo. Tuttavia non si pensa che nei campi rom non c’è acqua corrente o che le famiglie non possono acquistare vestiti nuovi. Per questo è importante il lavoro di rete tra le diverse associazioni che cercano di integrarsi per assicurare i servizi essenziali alla comunità rom a partire dal garantire l’istruzione e la salute dei bambini, le docce e i vestitini puliti. Ad esempio questa mattina sono andata a comprare delle scarpette nuove per una bambina perché con le sue scarpe con i buchi non poteva andare a scuola.

Cosa pensa dei rom che portano i figli a chiedere la carità?

Chi non ha opportunità lavorative e viene relegato ai margini della società cerca di fare di tutto per sopravvivere. Dunque per alcuni rom chiedere la carità è l’ultima spiaggia. Chiaramente è sbagliato coinvolgere i minori. Da anni cerchiamo di spiegare alle persone che non bisogna dare soldi ai bambini che chiedono la carità. I rom vivono in Italia ed è giusto che si attengano alle nostre leggi: dobbiamo tutelare il diritto all’infanzia e allo studio dei piccoli rom. Di fatto quando i minori che chiedono la carità vengono portati nelle case famiglia i genitori capiscono l’importanza di mandare i figli a scuola.

Ma bisogna anche pensare che la maggior parte dei rom sono analfabeti e non sanno ad esempio che se il figlio non va a scuola per più giorni di seguito deve portare un certificato medico. In questo senso facciamo ben poco per informarli dei loro doveri e dei loro diritti.

Al momento sta curando un progetto con le ragazze rom

Sono riuscita a realizzare un laboratorio di alfabetizzazione per una quindicina di ragazze tra i 12 e i 15 anni in una struttura di via Argine messa a disposizione dalla Caritas, tre volte a settimana. In genere i maschi già a 15 anni aiutano il padre nella raccolta nei metalli e si sposano, mentre le ragazze devono aiutare in casa, quindi non è facile coinvolgerle, ma la forza del progetto è stato parlare con i genitori: sapendole in un luogo sicuro e avendo fiducia in me molti di loro hanno permesso loro di seguire il corso. Bisogna pensare che quando non ci conoscono loro hanno paura di noi come noi di loro.

Oltre ad insegnare l’italiano, realizziamo lezioni di cucina e un parrucchiere della zona tiene un corso per insegnare loro il suo mestiere.

Cosa pensa dell’ideazione di un’area residenziale per i rom?

Credo sia una questione delicata che potrebbe alimentare il conflitto con i napoletani senza casa. Bisognerebbe dare priorità alle famiglie dei bambini iscritti a scuola, fare attenzione a non mettere insieme persone di etnie e religioni diverse, cosa che alimenterebbe i conflitti.

Un primo passo importante sarebbe attrezzare i campi con acqua, luce e bagni chimici. 

La convivenza e l’amicizia sono possibili?

E’ possibile se si parte dai giovani: è il bambino che racconta a casa dell’amichetto che viene dalla Romania. Anche le persone inizialmente resistenti, quando conoscono i rom direttamente diventano solidali e ci chiedono cosa possono fare per loro.

Ad esempio in un progetto sull’integrazione nella scuola Marie Curie che ho curato, all’inizio i ragazzi erano diffidenti, mentre ora sono gli stessi napoletani che vanno nel campo rom a chiamare i loro amici se non li vedono arrivare a scuola.

Non si devono forzare i rapporti, ma con il contatto, si vince la paura.

Paola Romano,nata e cresciuta a Ponticelli, è docente di sostegno nella scuola primaria e educatrice in alcuni campi rom.  Dal 1990, per dieci anni ha prestato servizio come Volontaria del Soccorso presso la Croce Rossa. Dal 1993, e per tre anni, è stata in Albania come volontaria per missioni umanitarie e operatrice di pace. Dal 2008 collabora come operatrice Caritas al progetto "Tutti a scuola" per la scolarizzazione dei bambini rom di Barra e Ponticelli. Fa parte di Arciragazzi.

"Diario di una zingara napoletana", edito da "Il Gazzetino Vesuviano", è il primo libro di Paola. Dedicato al popolo rom, il “diario” è un racconto di vita, che parlando dell’autrice fa conoscere quello che i mass media non raccontano sugli “stranieri”. Il libro cerca di dare giustizia al popolo rom partendo dalle storie di bambini italiani e stranieri che vivono nella Napoli dei vicoli, dei rioni, dei campi rom, bambini ai quali sono negati i diritti fondamentali.

Alessandra del Giudice

© RIPRODUZIONE RISERVATA