Lo sforzo da fare insieme per sostenere e proteggere madri e bambini

CAM01904Un momento di riflessione sulla violenza domestica e la violenza assistita, un dibattito forte e condiviso: la giornata di studio al Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Federico II sui nodi critici degli interventi e le buone prassi che invece è necessario ampliare si è rivelata ricca di spunti per una ricerca comune di linguaggi e pratiche che tutelino madri e bambini.

Venerdì 24 aprile, nell'Aula Magna del Dipartimento, l'obiettivo è chiaro e duplice perché le basi che lo sostengono sono interconnesse: promuovere la possibilità di fare cultura partendo dall'operatività e accogliere e sostenere nuove operazioni - più giuste, più adatte - attraverso la formazione. L'Università diventa allora, per il seminario “Madri e figli nella spirale della violenza domestica” il luogo deputato a fare da fucina partendo non dalla teoria ma dalla pratica di chi lavora già nel campo della prevenzione, contrasto e cura della violenza di genere, anzi, delle diverse tipologie della violenza di genere.

Ma cos'è la violenza domestica? La principale causa di decesso e invalidità, prima del cancro, degli incidenti stradale e delle guerre, per  le donne tra i 16 e i 44 anni, l'età fertile: lo dice la  raccomandazione del Consiglio d'Europa n. 1582 del 27 settembre 2002. E la violenza assistita? È quella di cui fa esperienza un bambino quando vede una figura fondamentale della sua sfera affettiva subire un maltrattamento. E non c'è solo quello che un bambino può vedere o sentire nel momento in cui la violenza avviene ma c'è anche quello che accade dopo: un livido piuttosto che un atteggiamento svilito e senza capacità di reazione della madre, l'atteggiamento aggressivo del padre, l'apparente riconciliazione, l'accumulo di tensione. Save The Children dice che in Italia sono circa 400mila i bambini che subiscono questa efferatezza; a Napoli, dei circa 2000 minori presi in carico, il 20% ha vissuto la stessa esperienza (dati del 2013 dal  documento “Spunti metodologici sulla funzione di tutela dell’infanzia nei servizi sociali del Comune di Napoli” presentato nel 2014). Nella nostra città, inoltre, il maltrattamento dei bambini risultava essere un fenomeno diffuso e trasversale a tutte le classi sociali. Le conseguenze sono che ogni bambino che assiste ai maltrattamenti avrà conseguenze uguali a quelle di un bambino che li subisce in prima persona. La violenza domestica e quella assistita,  nascono allora dalla stessa radice, sono intrecciate: se una madre è svalutata, insultata, ingiuriata, picchiata davanti ai propri figli, oltre a indebolirsi nel corpo e nello spirito non è rispettata e non viene vissuta anche dai figli e dalle figlie come una figura autorevole e forte,  in grado di tutelarli e guidarli.

È allora che la casa, da luogo in cui si costruisce un'identità e un legame diventa un posto non sicuro. È allora che il bambino si confonde, vedendo la figura materna spaventata come una fonte di spavento, e il genitore maltrattante come una persona ambivalente, che non sa proteggerci ma che è “più forte”. È allora che la madre, oltre alla difficoltà di focalizzare quanto le sta accadendo, ammettere a sé stessa la situazione e cercare una risposta concreta attraverso i Servizi, deve vedersela anche con una spirale che rinforza un'errata percezione di sé come vittima, incapace di ribellarsi, incapace di gestire la famiglia, la coppia, i suoi bambini.  Vittimizzazione, minaccia, controllo, abuso emotivo prima ancora che fisico: una madre a cui sistematicamente sono rivolti commenti svalutanti sul suo operato dal compagno,  è una madre che non ha più la possibilità di vivere la sua funzione genitoriale appieno, e suo figlio è un minore cui viene negato il primo diritto che ha, quello di una famiglia in cui crescere serenamente.

Annamaria Scapicchio dal Consultorio familiare Toniolo e Lella Palladino delle Rete Di.Re hanno sottolineato più volte quanto qui riassunto, proponendo a supporto i disegni dei bambini che hanno assistito a violenze,  le testimonianze, i modelli più riconosciuti e anche e soprattutto, le linee guida per l'intervento e la costruzione di rete tra i servizi sociali dei comuni e i centri antiviolenza per contrastare e prevenire il fenomeno della violenza maschile contro le donne  (è possibile consultarle qui) per poi passare il testimone ad una platea di operatrici ed amministratrici nella tavola rotonda: ‘Il contrasto della violenza di genere: nodi critici e punti di forza’. Questo perché il corto circuito emotivo innescato dalla violenza all'interno delle mura di casa in cui i ruoli, le capacità, le possibilità e le prospettive si confondono fino ad annullarsi,  ha i suoi effetti anche sui Servizi per i bambini e le donne che spesso vivono in modo scisso gli interventi da portare avanti. L’esperienza della violenza domestica invece investe integralmente sia la madre che il figlio ed interferisce sulla possibilità di vivere la quotidianità e di progettare il futuro per entrambi e su questo la si sono confrontate anche con punti di vista e proposte diverse Marianna Giordano – referente regionale CISMAI, Ester Ricciardelli dell'Ordine degli psicologi Campania, Dora Artiaco dell'Ordine assistenti sociali Campania, Concetta Gentili del Centro antiviolenza cooperativa EVA, Francesca Beneduce, presidente commissione Pari opportunità Regione Campania e referente ANCI nazionale e Federica D’Isanto, docente Università Federico II di Napoli. A chiudere il confronto, Roberta Gaeta,  Assessore al  Welfare del Comune di Napoli: “Parto da una prospettiva  che guarda alle donne e ai bambini ma per me è importante il fatto che oggi sono nella posizione di chi può prendere decisioni avendo conosciuto direttamente sul campo le loro problematiche. La capacità che auspico oggi è quella di mettersi in gioco. Le risorse sono poche ma il Comune ha stabilito, negli ultimi due anni, fondi per donne maltrattate e i loro figli con interventi che rispondo a linee guida anche se alle volte proprio queste ci hanno lasciati anche interdetti perché mancano di indicazioni pratiche e concrete. Ma l'Amministrazione ha voluto dire che le donne maltrattate esistono e devono essere prese in carico con i loro bambini. Abbiamo poi scelto di stanziare risorse per l'affido familiare (clicca qui per saperne di più) perché la necessità è anche quella. Eppure è stato necessario fare richieste specifiche presso alcune organizzazioni perché si aprissero al dibattito su donne e bambini, oppure, siamo entrati in contatto con realtà che pur avendo lo stesso comune obiettivo, perché al centro ci sono sempre le donne e i minori, risultavano frammentarie e conflittuali. Giornate come questa sono allora importanti per riportare il discorso e il dialogo, anche quando ci sono posizioni differenti, su uno sforzo da fare insieme per trovare linguaggi e pratiche comuni volti alla salvaguardia di chi ha bisogno di noi.

Raffaella R. Ferré

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