Una nuova fondazione per le disabilità medio-lievi: il primo diritto da garantire è l’accessibilità alla speranza

logo fondazioneDisinformazione, indifferenza, superficialità, business, impossibilità di avere risposte certe e diagnosi accurate in tempi brevi. E poi quella cronica “mancanza di fondi”, utilizzata troppo spesso per nascondere le colpe di cui sopra. Ecco i mali contro i quali devono combattere le persone che hanno una disabilità e le loro famiglie. Una Fondazione sta nascendo da un’esperienza personale per lottare insieme per l’inclusione e l’accessibilità. Anche e soprattutto alla speranza.

“Il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”: la Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite definisce così la disabilità, inquadrandola nel campo dei diritti umani. Distinzioni, esclusioni e restrizioni subite sono responsabilità che “ricadono su chi, Stato o cittadino, non rimuove le barriere architettoniche, comunicative e di orientamento che impediscono la piena partecipazione”: parole che danno speranza, certo, ma che sono ancora estremamente lontane dalla pratica, costituita per lo più da una lotta continua e troppo spesso solitaria all'emarginazione, al disagio, alle difficoltà, alle fin troppe incognite e, a volte alla disperazione.  

Cosa fare, dunque, di fronte allo smarrimento delle famiglie che si trovano ad affrontare non solo una quotidianità del tutto diversa, non solo la difficoltà di accettare quanto accade, ma anche le lungaggini di diagnosi e cure e l’impossibilità di avere risposte in tempi e modi adeguati per agire e garantire le giuste terapie ai propri cari? A Napoli si sta costituendo proprio in queste settimane una Fondazione, la Govoni, che trae spunto dai 13 anni di esperienza personale dei genitori di Marco, al quale, all'età di 4 anni, è stato diagnosticato un ritardo psicomotorio di grado medio-lieve.  Quella che si vuole creare è la possibilità di un aiuto concreto per orientarsi ma anche un luogo dove incontrarsi, scambiarsi  esperienze, cercare conforto, mettere al servizio di una comunità le proprie competenze e idee: cose necessarie quasi quanto l’assistenza per poter trasformare la condizione della disabilità da sofferenza ad arricchimento personale , da disagio a benessere interiore, da disperazione a speranza per garantire quel diritto basato sulla piena partecipazione in tutti gli ambiti della vita, senza discriminazioni, rispettando la dignità e valorizzando la diversità umana, attraverso interventi appropriati e il superamento di ostacoli e pregiudizi.

Cominciamo da un punto: a seconda della gravità dei casi, la disabilità richiede necessarie forme diverse di assistenza, dalla necessità di avere un supporto continuo a quella di avere un’assistenza parziale tesa al recupero funzionale delle autonomie e ad un inserimento della persona con disabilità nel mondo del lavoro e della convivenza civile. Ciò si direbbe tacito, ma in realtà ciò che avviene, soprattutto nella nostra regione, è assai lontano da tale assunto: trovare un reale riferimento per l'orientamento e l'assistenza è estremamente difficile, ancora di più quando ci si rende conto che il tempo in cui agire per fornire terapie, cure e sostegni adeguati è poco.

“Il tutto è affidato all'Inps che ha strutture mediocri o inesistenti e personale medico  ed assistenziale il più delle volte inadeguato (per usare un eufemismo).  E così ci si rivolge al privato. Ovviamente a pagamento -  scrivono i 30 attivisti della costituenda “Fondazione Govoni” nel loro manifesto - É una realtà difficile con la quale fare i conti tutti i giorni e contro la quale conviene attrezzarsi per crearsi delle alternative perché a voler  essere ottimisti c'è sempre un'alternativa. Che  costa fatica, tanta fatica. Perché deve essere il diretto interessato  a costruirla. Perché se non la costruisce lui  non la costruirà nessuno .  E questa è una  certezza”.

Promuovere un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni che valicano la cerchia dei propri cari o della dipendenza da istituzioni come il sistema sanitario nazionale, la scuola, il sistema sociale e quello del lavoro rappresenta, allora, il primo atto da compiere per famiglie e portatori di disabilità. “Quello che vorremmo realizzare è creare qualcosa che in Campania, ad oggi, non esiste: unire le persone con disabilità medio-lievi e le loro famiglie per poter lavorare assieme ad una serie di obiettivi semplici, ma necessari”, spiega il presidente Marcello Milone, a capo del comitato promotore della Fondazione.

Proprio da persone che hanno vissuto sulla propria pelle quelle carenze gestionali, di informazione e di professionalità, nasce dunque una proposta operativa: il monitoraggio, lo studio e la ricerca; un centro di ascolto, di comunicazione ed  informazione; la prestazione di servizi a soci ed esterni. La prospettiva è quella di creare dei protocolli di intesa con Università, enti, associazioni e scuole per progetti specifici; quella di costituire un team di ricercatori per lo studio e l'analisi della situazione in Campania confrontandola con soluzioni adottate nel resto d'Italia e all’estero; quella di costituire uno sportello informativo e un numero verde per le famiglie; quella si sensibilizzare e di formare personale specializzato per l'assistenza ai disabili ed alle famiglie e, infine, quella ambiziosa, di creare un campus polivalente con unità abitative residenziali, aule e laboratori, impianti sportivi, aree didattiche, sanitarie e lavorative. Raggiungere questi traguardi richiede forza e impegno, ma in queste persone ce n’è molto: perché se accessibilità significa che tutti devono avere accesso a servizi, attività, informazione e documentazione, vuol dire anche che la strada per la speranza di veder riconosciuti i propri diritti deve essere il più sgombra possibile.

Per contattare il comitato promotore

Marcello Milone, 335.8204711

Marina Scotti, 333.3333646

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