“L’emergenza immaginaria”

Rifugiati e richiedenti protezione internazionale a Napoli

centro-rifugiati-LessIl 20 giugno si celebrano i diritti dei rifugiati. A garantire loro una degna accoglienza in Italia c’è lo SPRAR, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. Ma cosa accade quando i  richiedenti protezione internazionale ed i rifugiati non rientrano in questo sistema  di tutela? In Italia vivono 58.000 rifugiati.

Un numero contenuto rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea, basti pensare ai 571.000 rifugiati che vivono in Germania o ai 193.500 in che vivono nel Regno Unito e ancor più se comparato a quanti vivono nei paesi di primo asilo: in Pakistan vivono 1.702.700 rifugiati, in Iran 886.500 e in Siria 755.400 rifugiati (fonte UNHCR). Il nostro paese è solo al sesto posto in Europa per rifugiati e richiedenti asilo.
Per tutelare i diritti delle persone fuggite dai loro paesi d’origine o da quelli in cui vivevano da anni a causa di guerre, persecuzioni politiche, violazioni della libertà, in accordo con la tutela dei diritti contemplata nella convenzione europea del 1951, in Italia è stato istituito il sistema SPRAR che costituisce una rete di centri c.d. di “seconda accoglienza” destinata ai richiedenti e ai titolari di protezione internazionale. Esso non è finalizzato (come i CIE o i CARA) ad un’assistenza immediata delle persone che arrivano sul territorio italiano ma, all’integrazione sociale ed economica di soggetti già titolari di una forma di protezione internazionale (rifugiati, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria).
Lo SPRAR si propone due obiettivi principali: offrire misure di assistenza e di protezione al singolo beneficiario; favorirne il percorso di integrazione attraverso l’acquisizione di una ritrovata autonomia. In questo senso esso rappresenta una punta di “eccellenza” del complessivo sistema istituzionale di accoglienza degli immigrati e dei richiedenti asilo, purtroppo destinato ad accogliere soltanto una minima parte dei soggetti ai quali esso teoricamente si rivolge.
Da gennaio 2014 è stato approvato un numero elevato di progetti SPRAR: 456 per un totale di 13.020 posti residenziali. In vista dei nuovi arrivi di migranti forzati, altri 6.500 posti sono invece attivabili, su richiesta del Ministero dell'Interno, si passerà dunque dai 9.000 posti del 2013 a quasi 20.000 posti nel triennio 2014-2016. In Campania sono attivati 1.327 posti complessivi di cui 60 a Napoli più altri 60 che verranno attivati entro luglio. In città si è dunque passati da 25 posti, pochissimi per una città metropolitana, a 120 posti.Storie di rinascita. Mohamed, 26 anni, ha seguito un corso di pizzaiolo e oggi lavora in una pizzeria sul lungomare di Napoli. Rodrigo, odontoiatra cubano fuggito dal paese per motivi politici ha convertito i suoi titoli di studio e oggi lavora come medico in città e sulle autoambulanze. Fatima ha seguito i corsi per OSS(operatore socio sanitario) ed è stata assunta da una famiglia napoletana.
Queste sono alcune delle storie a lieto fine grazie ai programmi personalizzati messi in campo dallo Sprar di Napoli, dal 2004 gestito da Less Onlus (sportello informativo-legale a piazza Santa Maria la Nova 43- tel. 081 5527104). A Napoli attualmente i richiedenti protezione internazionale, provenienti soprattutto dall’Africa sub sahariana e dalla Somalia e dall'Iraq, sono ospitati in 3 strutture residenziali, di cui la più grande, in una ex scuola, che ha 30 posti, inaugurata il mese scorso, e in 2 gruppi appartamento a Pianura. Le direttive ministeriali indicano che le persone debbano essere accolte per almeno 6 mesi, ma nella maggior parte dei casi vengono concesse proroghe di 6-12 mesi in virtù delle esigenze legali e del percorso di integrazione personalizzato. “Chi rientra nel progetto SPRAR - spiega Simona Talamo coordinatrice del progetto I.A.R.A., il progetto della rete SPRAR del Comune di Napoli affidato all'associazione LESS Onlus dal 2005-, oltre a ricevere vitto e alloggio, segue un corso di italiano di 10 ore settimanali nel dipartimento di linguistica dell’Università Orientale di Napoli, partecipa ad attività ricreative quali il teatro e lo sport e allo stesso tempo segue un percorso di inserimento che prevede corsi di formazione e tirocini lavorativi in campi quali l’edilizia, la ristorazione, il giardinaggio, l’assistenza infermieristica e socio sanitaria. Le persone vengono seguite da un punto di vista legale e sanitario: spesso chi arriva presenta problemi odontoiatrici o gastrointestinali mal curati e nel 60% dei casi patologie psicosomatiche dovute ai traumi psicologici riportati a causa di violenze e torture. Per rispondere adeguatamente a queste esigenze sarebbe necessaria un’equipe strutturata formata da stabile di medici, psicologi e mediatori culturali che a Napoli non esiste”. Chi rientra nello SPRAR vede garantiti i suoi diritti fondamentali e viene orientato all'audizione presso la Commissione Territoriale ed accompagnato nel percorso legale per l’ottenimento del permesso di soggiorno. Ma quando i posti della rete SPRAR sono insufficienti si attiva un percorso alternativo di assistenza gestito dalle prefetture, che non offre quasi nulla, a partire dalle medicine che il migrante deve comprare da se. E’ ciò che è avvenuto durante la cosiddetta “Emergenza Nord Africa” che abbiamo seguito puntualmente nell’inchiesta Diritto D’Asilo.
“Quello degli arrivi di richiedenti asilo, definita “emergenza” dai media - chiarisce Talamo-, è un fenomeno meno critico di ciò che si pensa, più immaginario che reale. E’ emergenziale nella misura in cui l’Italia, al contrario di altri paesi europei interessati in modo più considerevole dalle immigrazioni, non era abituata a gestire l’arrivo dei richiedenti asilo e di migranti in generale. La gestione della Protezione Civile è stata deplorevole: milioni di euro hanno arricchito pochi alle spese dei migranti. Quasi tutti coloro che erano arrivati in Campania, circa 2.500 persone, si sono allontanati dal territorio una volta ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari; non c’è stato infatti alcun progetto di assistenza integrato, e tantissime persone hanno dovuto attendere quasi due anni negli hotel per ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari, che poteva essere rilasciato sin dall'inizio senza inutili attese che hanno logorato le vite già precarie di queste persone, arricchendo le tasche di pochi imprenditori impreparati. La Commissione Territoriale di Caserta, di competenza per i richiedenti asilo campani e delle regioni limitrofe, ha tardato a concedere il permesso poiché valutava la situazione del paese di origine dei richiedenti asilo senza tener conto della situazione del paese da cui erano fuggiti e dove di fatto vivevano da anni, la Libia. Inoltre non sono state attivate  dal nostro Governo misure per il rimpatrio volontario assistito nei paesi d’origine per chi decidesse di voler tornare a casa”.
Sono state 25.838 le domande di asilo esaminate in Italia dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale nel 2013. Di queste, ne sono state rigettate 9.543, delle quali 2.499 a causa dell’irreperibilità dei richiedenti. Sono stati riconosciuti invece 3.144 status di rifugiato, 5.654 protezioni sussidiarie e a 7.450 persone sono stati concessi permessi di soggiorno per motivi umanitari (Commissione migrazione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa). Al 24 gennaio 2014 le domande pendenti presso le Commissioni territoriali erano circa 19.000, delle quali circa 2.800 prodotte nel 2014 e circa 16.000 relative agli anni precedenti.
“C’è una carenza di informazione dei richiedenti asilo- conclude la coordinatrice del progetto IARA della LESS-: a fronte di chi viene inviato alla rete SPRAR direttamente dai Cara e chi ne viene a conoscenza recandosi alla Questura, migliaia, soprattutto  braccianti sono privi di informazioni sui loro diritti.
Qualcosa si sta muovendo sul fronte dell’accoglienza: sulla scorta dell’esperienza negativa del 2011-2013 la prefettura ha contattato le associazioni locali che si occupano di migranti per realizzare insieme un tavolo di concertazione per gestire gli arrivi in soprannumero rispetto ai posti SPRAR”.
Resta aperta la dura battaglia delle tante associazioni e gruppi campani che appoggiano la campagna nazionale per la chiusura dei CIE, Centri di Identificazione e di Espulsione, “luoghi in cui avviene la detenzione amministrativa degli stranieri irregolari- dicono le associazioni- che, all’interno di tali strutture, vengono sottoposti ad un regime di coercizione assolutamente disumano. La chiusura dei CIE e il superamento del regime di detenzione amministrativa dei migranti rappresentano solo uno dei tasselli di una necessaria modifica della normativa e delle politiche italiane in materia di immigrazione”.

Alessandra del Giudice

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