In Campania per i bambini resta solo il welfare dei nonni

asilo-nidoAsili nido nuovi di zecca, ma senza bambini. Sono una sessantina le strutture per l’infanzia realizzate e mai inaugurate in Campania. Un paradosso per la regione che ormai da anni veste la maglia nera in Italia per il numero di bimbi negli asili nido pubblici: appena l’1,7 per cento rispetto a una media nazionale del 11,30. Resta lontanissima la soglia minima del 33 per cento fissata dall’Unione Europea.

Per una neomamma che lavora la possibilità di affidare il proprio bambino a un asilo comunale in Campania è difficile quasi quanto vincere la lotteria. Nei cinque comuni capoluogo di provincia la copertura rispetto all’utenza potenziale di bimbi da zero a tre anni è solamente del tre per cento. Vale a dire meno di tre mila posti disponibili. Le liste d’attesa sono interminabili. Come rilevato dall’associazione Cittadinanzattiva a fronte di circa quattromila richieste, il 42 per cento sono respinte, un rapporto di quasi uno a due, mentre nella media nazionale solo una richiesta su quattro non viene accolta. Così per le madri campane non resta che chiedere aiuto ai nonni oppure, se possono permetterselo, pagare la retta di gran lunga più esosa di un baby parking.

Per ovviare alla carenza cronica di posti negli asili nido nel 2008la RegioneCampaniaha varato un “Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio educativi per la prima infanzia”. Circa 160 milioni di euro, in parte derivati da fondi europei (l’80 per cento) e per la restante dal Fondo nazionale per le politiche della  famiglia. Una prima tranche di quaranta milioni è stata messa a bando l’anno dopo per finanziare la realizzazione di 41 servizi integrativi e sperimentali in asilo nido già funzionanti e soprattutto per costruirne una settantina di nuove strutture. Sarebbero dovuti tutti entrare a regime per l’inizio di quest’anno scolastico. Ad oggi, però, quelle che hanno aperto si contano sulle dita di una mano. Nella maggior parte dei casi i lavori non sono ancora terminati e lì dove sono conclusi non è seguita l’inaugurazione. Da cosa dipendono i ritardi? I trasferimenti dalla Regione ai Comuni non sono avvenuti, i soldi stanziati restano dunque virtuali. E così non ci sono risorse per avviare i servizi e pagare gli stipendi degli educatori, mentre anche le ditte edili appaltatrici rivendicano le spettanze arretrate.

Un paradosso quello di realizzare strutture nuove senza garantire il servizio, che appare ancora più grave se si considera che solo nel 14% dei comuni campani è in funzione un asilo nido pubblico, a fronte di una media nazionale che si attesta oltre il 40%. In un panorama così disastroso l’unico dato positivo riguarda  la percentuale di spesa sulla retta pagata dalle famiglie dei bambini: solo il 6,4 per cento del totale (il resto è pagato dal comune di riferimento), mentre il dato nazionale si attesta sul 18.La Campaniaè tra le regioni meno care in assoluto, la spesa si aggira sui 220 euro annui, seguita solo da Molise, Calabria e Sicilia. “Questo dato non può farci esultare. I numeri sono chiari: stiamo parlando di un servizio che di fatto non esiste. In altre regioni si pagherà di più, ma ci sono tanti posti disponibili e il tempo pieno è lo standard. Invece da noi i pochi che ci sono funzionano male e spesso offrono un servizio giornaliero di sole sei ore. In tema di asili nido siamo la regione dell’inefficienza”, afferma Michele de Angelis, presidente della Prisma, cooperativa sociale che gestisce asili nido e strutture polifunzionali per minori in costiera Sorrentina. Da anni monitora il problema e punta l’indice contro sprechi e cattiva gestione. Invita a riflettere soprattutto su un dato: in Campania la spesa media annua per bambino è di 9 mila euro, nel resto d’Italia si attesta sui seimila. “E’ una situazione che si è creata negli anni Ottanta. All’epoca anche il settore degli asili nido – denuncia – fu utilizzato come carrozzone clientelare. Oggi continuiamo a pagare quello scotto. Si è pensato al lavoro e non alla ricaduta sul reale funzionamento. Più dipendenti per meno bambini”. Nell’attesa che si sblocchino i fondi e le strutture ultimate possano cominciare ad accoglierli, per i bimbi campani non resta che il welfare dei nonni.

Luca Romano

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