Case Famiglia, operatori in sciopero della fame

“Se non arrivano i pagamenti chiuderemo entro un mese”.

casa-famigliaI responsabili delle comunità educative per minori in sciopero della fame, la decisione dopo aver appreso che case famiglia, semi convitti e centri territoriali per minori non si vedranno liquidati i crediti con il Comune di Napoli neppure dopo l’arrivo dei primi trasferimenti statali. “Se non verranno effettuati i pagamenti non avremmo altra scelta che la chiusura e la riconsegna dei bambini alla responsabilità del sindaco”, attaccano gli operatori.

La vertenza tra Comune di Napoli e operatori delle comunità educative è giunta ormai al terzo anno. La nomina di Roberta Gaeta, responsabile di case famiglia e tra le più attive nel comitato “Il welfare non è un lusso”, all’assessorato alle Politiche Sociali sembrava aver aperto uno spiraglio. Ma la questione evidentemente non investe solo l'assessorato: la mancanza di risposte da parte dell’amministrazione sui tempi di liquidazione dei crediti ha riacceso la protesta. “Proprio perché viene dalla nostra realtà chiediamo all’assessore di non prendere altro tempo e di provvedere ai pagamenti”, dice Luigi Isaia, responsabile della casa famiglia Il Germoglio che ospita 6 minori, allontanati dalle famiglie su decisione del Tribunale. E’ tra i primi dieci operatori ad aver annunciato uno sciopero della fame ad oltranza: “Non abbiamo altra scelta”, spiega, “almeno 20 comunità saranno costrette a chiudere entro luglio e a riconsegnare i minori alla responsabilità del sindaco”.

L’arrivo della prima tranche di finanziamenti statali, legati al Salva imprese e al Salva Napoli, circa 56 milioni di euro, non darà l’auspicata boccata d’ossigeno alle case famiglia, che non ricevono pagamenti da circa due anni e sono sovra indebitate con le banche. Per i 12 milioni dovuti alle Case Famiglia e i circa 10 destinati ai semi convitti non sono stati preparati gli atti di liquidazione, e di conseguenza restano voci fuori dal cronologico. Di conseguenza non liquidabili. “Chiediamo almeno che ci vengano riconosciuti almeno i 5 milioni di euro che ci sono dovuti per il 2010”, continua Isaia, “Ci dicono che gli uffici tecnici preposti alla rendicontazione sono oberati di lavoro e privi di personale. Ma non possiamo essere noi a pagare per l’incapacità di gestione e organizzazione della macchina burocratica”.  

Altra questione è quella relativa ai servizi “finanziati”, quelli cioè fuori cronologico e attivati direttamente con fondi statali: “I soldi sono arrivati al Comune da alcuni mesi, ma ancora non ci sono trasferiti. Vorremmo capire il perché”, denunciano i referenti della protesta. “I nostri servizi rientrano nel cronologico dei servizi cosiddetti indispensabili, se de Magistris decide di favorire altri creditori, ignorando completamente le nostre istanze, sta compiendo una scelta politica precisa a danno del welfare cittadino”, attacca Isaia. Oggi (lunedì 10 giugno) comincia un presidio di protesta a palazzo San Giacomo. Intanto la Giunta comunale, su proposta della Gaeta, ha deciso di istituire “Un tavolo della crisi del Terzo settore” con “l’obiettivo”, spiega l’assessore al Welfare  di attuare un costante confronto tra l'amministrazione comunale e alcuni rappresentanti del privato sociale per garantire forme di partecipazione e consultazione sulla programmazione”. Un’apertura che come la nomina di un assessore tecnico non sembra allentare la tensione.

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