Nessuna assistenza per i rifugiati. A Napoli solo in 25 usufruiscono di percorsi di integrazione.

immigrati-barconePresentato il dossier con i dati 2010 sul diritto di Asilo a Napoli: in città sono solo 25 i migranti che usufruiscono del Sistema di protezione per Rifugiati e Richiedenti asilo (SPAR) e altri ottocento sono ospitati in alberghi a spese della Protezione Civile. Intanto sono più di mille le domande avanzate alla questura ancora non espletate. E per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato possono passare anni.

La Commissione europea, sempre severa nei confronti delle politiche migratorie sostenute dal governo italiano, promuove il sistema SPRAR. E chiede di incentivarlo. Dall’attivazione, tre anni fa, il modello di integrazione per i rifugiati, che prevede corsi di lingua e alfabetizzazione, percorsi di formazione al lavoro, consulenza legale, assistenza sanitaria per i disabili e inserimento scolastico dei minori, ha ottenuto risultati importanti. I posti disponibili su tutto il territorio nazionale sono 3mila. Nel 2010  ne hanno usufruito 7mila migranti con progetti della durata di sei mesi, rinnovabili fino a un anno. Eppure dallo scoppio dell’emergenza profughi a Lampedusa, con l’arrivo in pochi mesi di 45 mila migranti, all’accoglienza integrata, che coinvolge comuni e associazioni di settore, si è preferita la gestione congiunta di Protezione Civile e Regioni. Una decisione dettata dall’urgenza di trovare soluzioni per le migliaia di migranti arrivati nel nostro Paese. Sono stati aperti i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA), teatro nei mesi scorsi di manifestazioni di protesta dei migranti, stanchi di attendere una risposta per la definizione del loro status. Poi si sono cercati percorsi di inserimento in collaborazione con le Regioni. Nel caso specifico della Campania, l’organizzazione dell’ospitalità non convince affatto il dipartimento nazionale dello SPRAR. La direttrice Daniela Di Capua denuncia: “In altre Regioni si è cercato anche nell’emergenza di replicare il sistema di collaborazione con le associazioni del terzo settore. Sono stati approntati tavoli di coordinamento con prefetture e enti locali per cercare di offrire anche nell’emergenza forme di assistenza che andassero oltre il semplice vitto e alloggio, e favorissero l’integrazione. In Campania, invece, si è deciso di risolvere la questione parcheggiando i richiedenti asilo negli alberghi. Restano sordi a qualsiasi nostra offerta di aiuto”. Una scelta, quella della Regione, finalizzata al risparmio? A quanto pare, no. “La diaria giornaliera pro capite per i programmi SPRAR - chiarisce la Di Capua - è di 35 euro, 45 per i casi più difficili di disabilità e recupero psicologico. Cifre del tutto identiche a quelle fissate dalla Protezione Civile”.

A Napoli i rifugiati o richiedenti asilo che usufruiscono dello SPRAR sono 25.  In maggioranza sono uomini singoli con un età compresa tra i 26 e i 40 anni. Le nazioni più rappresentate, il Burkina Faso e la Costa d’Avorio. L’assistenza è affidata all’associazione L.E.S.S. onlus, gestore del servizio per il comune e estensore del dossier sull’Asilo. I migranti sono ospitati in tre alloggi, cui presto se ne aggiungerà un altro in un bene confiscato alla camorra. Alla semplice ospitalità si aggiungono anche altri servizi. L’obiettivo è di consentire l’inserimento nel mercato del lavoro dei soggetti beneficiari. Fino all’anno scorso dopo il periodo di copertura SPRAR il destino comune a quasi tutti era il trasferimento al Nord dove era più facile trovare impiego. “Con lo scoppio della crisi”, spiegano gli operatori di L.E.S.S., “restano qui e hanno difficoltà a inserirsi. Dovrebbero essere attivati percorsi di accompagnamento più lunghi”. Al contrario, gli ottocento nuovi arrivati in città, presi in carico dalla Protezione Civile, sono ospitati in alberghi e non hanno accesso a misure di assistenza integrata. “E’paradossale che si disponga di un sistema, che va migliorato, ma già mostra una efficacia testata e non lo si incentivi”, spiega Marika Visconti, presidente di L.E.S.S., “Venticinque posti sono un numero irrisorio per una città come Napoli, con migliaia di immigrati. Ce ne sono tantissimi che nei loro Paesi hanno subito violenze, sono discriminati per motivi religiosi o etnici, fuggono dalle guerre, e neppure sanno di poter fare domanda di asilo”. In tal senso è stato stretto un accordo con l’ambulatorio per migranti dell’ospedale Ascalesi per la verifica e l’eventuale certificazioni di torture subite, da allegare alla documentazione per la richiesta di asilo.

Intanto, il numero di richieste per lo status di rifugiato alla questura di Napoli sono tornate a crescere. Negli ultimi due anni, dopo il boom del 2008 con oltre mille domande, si erano ridotte di circa due terzi. Un dato in linea con l’andamento nazionale, effetto delle politiche di respingimento in mare, e degli accordi bilaterali tra l’Italia e la Libia di Gheddafi. “Tantissimi sono gli aventi diritto al riconoscimento bloccati nei famigerati centri libici per lunghissimo tempo, sbarcati in questi mesi sulle nostre coste”, spiega la rappresentante legale dello SPRAR Cristina Passacantando, “Eppure la percentuale di accoglimenti si è abbassata, passando dal 50 al 40 per cento. Un’anomalia su cui dovremmo vigilare. E a questo si aggiungono tempi lunghissimi, a volte di anni, per le risposte. Un periodo nel quale i richiedenti si ritrovano in una sorta di limbo”.

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