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Sabato 20 Aprile 2024




Lavoro disabili, la legge tradita

Tra collocamento inaccessibile e mancati controlli.

disabili-lavoroSe la crisi divora le speranze lavorative di tantissime persone, soprattutto giovani, con tassi di disoccupazione che fanno registrare sempre nuovi record, per le persone disabili la prospettiva di un impiego e di una vita autonoma sembra essere del tutto irrealizzabile: in Campania sono 148mila gli iscritti ai collocamenti mirati, solo 2.500 i posti a disposizione. Dietro ai numeri storie che raccontano di una corsa ad ostacoli senza una meta.

“Per cercare  lavoro devo recarmi al collocamento dove mi presentano un modulo da compilare su cui indicare l’azienda  alla quale intendo propormi. Inoltrano la domanda e dopo un po’ ritorno per conoscere l’esito. Se non ci sono posti disponibili o respingono la richiesta devo ripetere l’operazione più e più  volte. Per chi ha problemi motori come me diventa un‘impresa, ormai non ci credo più”. Giovanni racconta il suo viaggio estenuante attraverso la burocrazia per trovare un lavoro da disabile a Napoli. Il collocamento mirato non lo agevola, anzi si è trasformato in un ulteriore ostacolo. A partire dal sito internet che dovrebbe risparmiargli le file agli sportelli. Impossibile da lì  risalire al posto occupato in graduatoria e conoscere i prospetti aziendali con gli impieghi a disposizione come sarebbe previsto dalla legge. “Gli impiegati si scusano, mi hanno spiegato che sono in pochi ed è impossibile per loro aggiornarlo adeguatamente. Mi chiedo perché altrove invece lo si fa”, e a dimostrarlo mostra la pagina web del collocamento di Modena su cui campeggia grande il logo di una carrozzina da cui è possibile accedere facilmente ad una marea di servizi.

Il divario tra Nord e Sud del Paese in tema di pari opportunità occupazionali per i disabili è enorme. Nelle regioni settentrionali lo scorso anno è stato avviato al lavoro il 70 percento dei disabili rispetto al numero di posti riservati, nel Mezzogiorno si è passati dal 17 percento del 2010 al 10,5 percento del 2011. I dati diffusi dalla VI relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 68, che stabilisce le percentuali di assunzioni sulla base della grandezza dell’azienda con un tetto minimo del 7 percento per le imprese sopra i 50 dipendenti, sono eloquenti. In Campania i posti scoperti sono appena 2.533, suddivisi tra 668 nel pubblico e 1865 nel privato, a fronte di 148 mila iscrizioni nei collocamenti mirati delle cinque provincie. Non tutti gli iscritti sono avviabili al lavoro, per alcuni è un passaggio obbligato per la pensione di invalidità, e avere un computo certo di quanti cerchino effettivamente impiego è impossibile per il mancato trasferimento del dato da parte degli stessi collocamenti. Sono invece 44 le sanzioni inflitte per enti pubblici e aziende che non hanno adempiuto alla norma: 11 per ritardi nel fornire il prospetto, 33 per non aver dato seguito all’obbligo di assunzione. La multa non appare un gran deterrente, la cifra ammonta a 62 euro al giorno, più o meno quanto costerebbe mettersi in regola assumendo. E si può sempre sperare di non essere scoperti.

“Mancano i controlli, è empiricamente evidente che le aziende inadempienti siano più di quelle scoperte”, denuncia Raffaele Puzio, referente campano della Cgil per i diritti delle persone disabili, “Non c’è trasparenza e i collocamenti mirati funzionano malissimo. Lo spirito della legge 68 non è stato ancora compreso: molte imprese la vivono come un peso oneroso e non come un’opportunità di beneficiare di diverse abilità”. Tante le denunce raccolte dal sindacato su inadempienze e casi di mobbing. Alcune aziende hanno creato dei veri e propri reparti confino dove vengono relegati i disabili. “Sono in corso diverse cause”, dice Puzio, “dovremmo creare delle forme di premialità per le imprese che sviluppano progetti inclusivi del lavoro delle persone disabili. La mia idea è di istituire una sorta di marchio, analogo a quello che possono sfoggiare le aziende attente alla sostenibilità ambientale”. Intanto, però, il fondo a sostegno dell’occupazione dei disabili è passato progressivamente dai 51milioni di euro del 2000 allo zero dello scorso anno. E la commissione tripartita tra Province, collocamenti e parti sociali, istituita come organo di vigilanza sull’applicazione della norma, in Campania non si riunisce da oltre due anni. “Sarebbe uno strumento utilissimo, la stiamo invocando”, dice Puzio, “Quella è la sede utile per la programmazione e lo sviluppo di progetti. Ma pare non ci sia la volontà di farla funzionare”.

Più dei dati sono le storie dei singoli a rappresentare lo scoramento dei disabili campani in cerca di un’occupazione. Lorenza Biasco pensava di essere sulla strada giusta per trovare un lavoro, ventesima su 900 nelle preselezioni del concorso per personale amministrativo all’Asl Napoli 1: “Ho studiato tantissimo, i quiz difficilissimi, poi la notizia della sospensione del concorso. Il costo delle nuove assunzioni sforerebbe il tetto di spesa imposto dal Commissario per il rientro dal deficit. Ma a indire quel bando era stata la stessa gestione commissariale”. Una beffa, ma non si arrende e sta preparandosi per un altro concorso, indetto stavolta dall’Asl Napoli 3: “Bisogna essere pronti ad affrontare una specie di calvario. Gli esaminatori non sembrano in alcun modo tenere conto della nostra condizione particolare. Non chiediamo che le domande siano più facili, ma almeno che siano accessibili le sedi delle prove. L’ultima volta eravamo in 900 accalcati in una struttura che presentava  notevoli barriere architettoniche. Quando sento parlare di corsie privilegiate per i disabili provo grandissima rabbia”. 

Lorenzo, quarantenne di Torre del Greco, un lavoro lo aveva fino all’altro ieri. Programmatore senior in un importante azienda informatica napoletana. E’ stato costretto a dimettersi perché non ha modo di raggiungere l’ufficio: “Per anni mio padre si è svegliato alle 6 del mattino per accompagnarmi. Ora che è anziano non può più farlo”, racconta, “Ho comprato un'auto modificata, ma tra spese di benzina e di autista non rientro con quanto guadagno”. Ha lanciato un appello alle istituzioni, “tutti quelli cui mi sono rivolto mi hanno spiegato che le casse sono vuote, non possono farci nulla”. Così la decisione di licenziarsi: “Sono costretto all’immobilità, ho bisogno di aiuto anche per vestirmi, ma nonostante questo ho sempre coltivato la volontà di condurre una vita quanto più autonoma possibile. Mi sono laureato in Economia, ho sviluppato una professionalità e ora invece devo vivere da recluso. Ditemi se è giusto”. 

LR

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