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venerdì 19 Aprile 2024




Centri socio educativi non pagati da 4 anni: la denuncia dell’assessore D’Angelo

“Se fallisce Napoli, verrà compromesso anche il recupero di credibilità del Governo italiano nel mondo”.

suore-protestaSono scese in piazza Municipio le suore napoletane. Incatenate. A dimostrare che lo spirito santo e la buona volontà non bastano a portare avanti 50 istituti socio educativi per 2500 minori e 800 anziani, in cui sono impiegati 500 operatori professionisti. Quando la convenzione con il Comune viene tradita da un mancato pagamento che dura 4 anni. Sergio D’Angelo, assessore alle politiche sociali spiega: “Siamo in una situazione disastrosa a causa della pesantissima eredità delle passate amministrazioni”.

I centri socio educativi, ex semi convitti, sono un servizio che a Napoli esiste da 40 anni. I centri gestiti da religiosi in cui lavora personale specializzato, sono aperti dalle 8.00 alle 17.30 e oltre alle attività di tipo scolastico (sono istituzioni para-statali) e il pranzo si occupano di attività ricreative nel pomeriggio. 
 “In questi 4 anni già 10 strutture hanno sospeso il servizio perché non potevano sostenere le spese, mentre le altre sono allo stremo. Hanno resistito per 4 anni grazie alle anticipazioni bancarie e le certificazioni di credito del Comune, che tuttavia non avendo fondi non le concede più.  Così i religiosi usano anche le loro pensioni per sostenere il personale qualificato. Tanti adolescenti sono andati in mezzo a una strada dopo che alcuni centri socio educativi hanno chiuso . Alcuni sono già finiti a Nisida” - racconta Lucio Pirillo referente dell’Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) di Napoli che aspetta con ansia una risposta dell’amministrazione.

Sergio D’Angelo, assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, ha promesso entro questa settimana una delibera ad hoc che riconosce l’accoglienza dei semi convitti  indispensabile e  che dunque esenterà le spese per mantenerli dal piano cronologico. “In questo modo si supereranno le disposizioni del decreto Mancini del ’93 che non faceva rientrare le spese sociali tra quelle indispensabili- spiega D’Angelo-. Le risorse per le spese indispensabili sono già previste dal bilancio e potranno quindi essere approntate subito per pagare i semi convitti. Eppure la situazione attuale non coinvolge solo questo importante servizio sociale, ma tutti: stiamo scontando una  pesantissima eredità delle passate amministrazioni, non a caso è da 4 anni che gli istituti non ricevono i pagamenti. Significa che le passate amministrazioni non si sono preoccupate della copertura delle spese effettuate”.

La situazione di dissesto finanziario è talmente grave che il Comune di Napoli, insieme ad altri grandi comuni italiani, ha sollecitato il Governo da mesi fino ad ottenere una risposta: il recente decreto legislativo 174 che stabilisce un prestito governativo restituibile in 5 anni di 100 euro a cittadino per i grandi comuni con il bilancio in pre dissesto. Un’operazione da 800 milioni di euro che devono essere restituiti al Governo in 5 anni. Per Napoli si tratterebbe di 96 milioni di euro. Ma questa misura risulta a dir poco carente .

“Il Governo non ha previsto le misure che ci si attendeva- commenta l’assessore- , tanto che i comuni interessati dal decreto hanno chiesto ai partiti di rivedere il decreto legge in sede di riconversione.  La cifra del prestito risulta assolutamente insufficiente e il piano di rientro in 5 anni è molto oneroso, servirebbero almeno 10 anni per attivare un’azione positiva di rientro del debito. Napoli  è la terza città italiana, la situazione disastrosa che stiamo vivendo è un problema non solo per i napoletani ma per tutti gli italiani. Se fallisce Napoli, verrà compromesso anche il recupero di credibilità del Governo italiano nel mondo”.

Alessandra del Giudice

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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