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Sabato 20 Aprile 2024




Poggioreale, l’inferno dietro le sbarre

Presentato il rapporto Carceri della Commissione Diritti Umani del Senato.

carcereCelle riempite all’inverosimile, assistenza sanitaria negata, percorsi di reinserimento affidati all’impegno esclusivo dei volontari, la ricognizione della Commissione straordinaria per la tutela dei Diritti Umani del Senato fotografa la condizione di vita inumane dei detenuti negli Istituti di pena italiani. In Campania tra le regioni in cui si registrano le condizioni peggiori, Poggioreale caso limite nazionale.

Centottantasei morti dall’inizio dell’anno con 66 suicidi, in pratica uno ogni cinque giorni, una cifra su tutte, una conta tragica che denuncia in modo eclatante quali siano le condizione di detenzione nelle carceri Italiane. L’ultimo caso domenica a Poggioreale dove un ragazzo di 26 anni tossicodipendente, detenuto per piccoli reati, si è tolto la vita. Sarebbe tornato libero a novembre.

“La condizione di detenzione in Italia è una violazione riprovevole del diritto e della legalità”, attacca il senatore Pietro Marcenaro, presidente della Commissione straordinaria per i Diritti Umani, che ha presentato a Napoli, nella sede del Consiglio regionale, i dati del rapporto sulla condizione negli Istituti di pena e nei Centri di accoglienza per migranti, approvato nelle settimane scorse all’unanimità, “Nel dizionario comune ormai Certezza della pena significa certezza del carcere. Non è ammissibile e la politica dovrebbe avere il coraggio di affrontare il tema senza voler assecondare in modo strumentale le istanze securitarie dell’opinione pubblica”.

La Campania si segnala tra le regioni con le maggiori criticità: nei 17 istituti penitenziari regionali a fronte di una capienza regolamentare di cinquemila unità i detenuti presenti sono ottomila, di cui il 20 percento stranieri. Oltre duemila i detenuti in attesa di giudizio, mentre solo in 468 scontano la pena a domicilio e poche decine sono i condannati che hanno accesso a misure alternative e all’affidamento in prova. “Non abbiamo il personale necessario per esaminare con tempismo e in modo efficace il lavoro che andrebbe svolto. Ogni giorno diventa un’impresa poter eseguire le scarcerazioni”, denuncia il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli Carmine Esposito, “E poi le leggi sono restrittive, con la ex Cirielli, ad esempio non è più possibile applicare misure alternative in caso di recidiva, impedendo quindi una valutazione dei singoli casi. Per non parlare del numero eccessivo di misure cautelari in carcere. Quei detenuti non dovrebbero stare poi in carceri normali, ma in strutture apposite”.

Poggioreale si segnala come caso limite nazionale. Nei 67mila metri quadri della Casa Circondariale sono reclusi in 2671 a fronte di una capienza regolamentare di 1400 posti). “In celle progettate per essere singole erano stati collocati su letti a castello tre detenuti”, si legge nel rapporto, “tre persone in 15 metri quadri. Uno spazio angustissimo considerata la presenza di armadietti e tavolini”. E ancora: “In considerazione del grave affollamento e della carenza di personale i detenuti devono passare gran parte del tempo in cella e sono solo due le ore di aria al giorno”. Per i pasti c’è una sola cucina e lo spazio per le visite è costituito dal vecchio bancone divisorio che sarebbe dovuto essere sostituito da tavolini per una legge risalente ormai al duemila. “Siamo arrivati al punto di dover fornire noi saponi e carta igienica ai detenuti”, attacca Antonio Mattone, referente di Sant’Egidio, che da anni è impegnato in attività di volontariato nell’Istituto, “I casi di recidiva per chi sconta la pena ai domiciliari è del 30 percento a fronte del 60 di chi esce dal carcere. Il concepire il carcere come unica pena dimostra solo ottusità: non si può pensare di vivere sicuri aumentando il numero di mandate alle porte delle celle”. Anche il lavoro in carcere è diminuito, nella casa circondariale napoletana sono solo in 166 poter usufruire del beneficio.

Sovraffollamento come causa delle distorsioni del sistema carcerario e come effetto di una legislazione miope. In sintesi questa la diagnosi del rapporto della Commissione. “E’ un abominio pensare che un tossicodipendente per piccoli reati legati a questa condizione patologica debba scontare la pena dietro le sbarre”, dice la senatrice Annamaria Carloni, promotrice della presentazione a Napoli, “Non si può ammettere che molte delle morti in carcere siano il frutto di abbandono, incuria, inefficienza: la privazione della libertà non può consistere in una negazione dei di un diritto fondamentale come la salute. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha imposto alla California la scarcerazione di migliaia di detenuti perché non venivano loro garantiti i diritti costituzionali e in Germania la Corte Costituzionale ha subordinato l’esecuzione della pena alla garanzia del diritto del detenuto. In Italia purtroppo il fenomeno resta ignorato”. Novità significative le si attendeva dal decreto Salva carceri del ministro Severino: “Era stato annunciato per settembre, avrebbe dovuto prevedere un’applicazione maggiore delle misure alternative. Invece apprendiamo che è stato rinviato sine die e che la depenalizzazione di alcuni reati prevista in origine sarà stralciata. Le ragioni di opportunità politica non possono far derogare oltre su una questione di legalità violata in strutture dello Stato”, è invece l’accusa del Garante per la Campania dei diritti dei detenuti Adriana Tocco.

L’austerity imposta dal governo per risanare i conti non ha risparmiato gli Istituti di pena. I fondi destinati, ad esempio, ai detenuti lavoratori sono stati decurtati del 30 percento, e la polizia penitenziaria denuncia in moltissimi Istituti carenza di organico: “Dati che mi lasciano perplesso e che vanno a colpire proprio gli ambiti che dovrebbero garantire un carcere funzionale al reinserimento”, dice l’avvocato Riccardo Polidoro, presidente del carcere possibile Onlus, che organizza laboratori di teatro e fotografia per i detenuti delle carceri napoletane. “Gli spettacoli che organizziamo vengono rappresentati al Mercadante. Quest’anno hanno potuto partecipare solo i detenuti che avevano permessi, perché per gli altri mancavano i fondi per pagare la scorta necessaria. Mi chiedo poi, però, come sia possibile che questo stesso governo abbia rinnovato con Telecom la convenzione per i braccialetti elettronici che ha fruttato all’azienda 11milioni di euro all’anno per un servizio che è stato applicato solo in una decina di casi perché mal funzionanti. I detenuti dovrebbero dichiararsi parte civile contro lo Stato”.

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