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venerdì 19 Aprile 2024




Beni comuni, possibile nuova categoria giuridica

Prospettive di riforma per tutelare i cittadini dal mercato delle privatizzazioni

seminario-Beni-comuniI beni comuni potrebbero diventare una nuova categoria giuridica, in grado di salvaguardare l’interesse collettivo da speculazioni e privatizzazioni, se il legislatore italiano decidesse di accogliere le istanze della società: è quanto emerge dal seminario svoltosi nella Biblioteca di Ricerca di Area Umanistica, in piazza Bellini, a Napoli.

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Il tema “La responsabilità dei beni comuni” è stato affrontato dal punto di vista giuridico, sociale ed economico, riservando spazio ad approfondimenti sulle questioni ambientali e al racconto di  esperienze concrete. L’incontro è stato promosso dall’ Università degli Studi di Napoli Federico II, dal Polo delle Scienze Umane e Sociali e dalla Scuola di Dottorato in Scienze Sociali.

Renato Briganti, docente del dipartimento di diritto dell’Economia dell’Università “Federico II, sottolinea che “sebbene ad oggi la legislazione italiana non includa la categoria giuridica di bene comune, l’accoglimento del quesito referendario sull’acqua come bene comune da parte della Corte Costituzionale, e la sentenza della Corte di Cassazione del 14 febbraio 2011 sulla valle da pesca della laguna di Venezia, da ritenersi bene comune vale a dire, prescindendo dal titolo di proprietà, strumentalmente collegato agli interessi di tutti i cittadini, sono due precedenti giuridici utili per una riforma organica”. Un impianto di riforma già esiste, ed è stato curato da un gruppo di lavoro presieduto dal professore Stefano Rodotà. L’allarme lanciato nel corso dell’incontro richiama il rischio che beni come l’acqua, l’aria, le energie, la terra come produttrice di nutrimento vengano sempre più privatizzate. “Si utilizza strumentalmente la parola liberalizzazioni, ma in realtà si tratta di privatizzazioni – spiega il professor Briganti – come è avvenuto per le autostrade, di fatto consegnate alla gestione di pochi gruppi imprenditoriali per pochi spiccioli.”

Diverso e più complesso da dirimere giuridicamente il discorso su “beni comuni immateriali” come la cultura e l’arte: ”Il Teatro Valle e l’ex Asilo Filangieri sono esempi di luoghi in cui le attività culturali e artistiche possono essere un arricchimento per tutta la cittadinanza, ma la loro definizione giuridica è ancora in via di definizione.”

A livello internazionale esistono esempi di Costituzioni “aperte” ai beni comuni: la Costituzione della Bolivia inserisce la madre Terra coma principio, la cui funzione sociale è dare cibo e lavoro, l’Uruguay disciplina l’acqua tra i beni comuni. Tuttavia è diffuso nel mondo un sistema mercantile pericoloso: di fatto in molti Paesi le aziende che “pagano” sembrano aver acquisito anche il diritto di inquinare.

E sull’ambiente come bene comune è stato focalizzato l’intervento del dottor Giuseppe Comella, Associazione Internazionale Medici per l'Ambiente (I.S.D.E), I.N.T. Napoli, che ha denunciato “il notevole aumento della percentuale di tumori che colpiscono i cittadini del sud Italia e il grave inquinamento provocato dai rifiuti tossici industriali.” L’auspicio del dottor Comella è che la Regione Campania renda al più presto operativa la disposizione sul registro dei tumori.

Al seminario ha partecipato anche Peppe Pagano,della Cooperativa Sociale Agropoli, che ha raccontato l’esperienza della Nuova Cucina Organizzata (NCO),a San Cipriano D'Aversa: “Dopo un periodo iniziale di diffidenza i cittadini hanno fatto rete intorno alla nostra attività, e ora siamo una realtà radicata sul territorio.”

Daniele Pallotta

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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