“Chi vuole cambiare può cambiare”

Alla base di un progetto scolastico innovativo l’incontro tra studenti e minori detenuti

qui-veut-changer-peut-changer“Qui veut changer peut changer” è il titolo della bella canzone realizzata nell’ambito del progetto “Una canzone a Nisida” da studenti napoletani e ragazzi dell’IMP di Nisida. Il percorso incredibilmente formativo, realizzato a marzo e presentato in occasione del ventennale della strage di Capaci, verrà riproposto in tanti altri istituti campani.

Videoclip della canzone - Fotogallery

L’incontro. “Qui veut changer peut changer”, chi vuol cambiare può cambiare, è la frase pronunciata nel “cerchio” da Ousman, del Mali, che sta scontando la sua pena nell’istituto minorile di Nisida, divenuta il titolo e il ritornello della bella canzone realizzata nell’arco del progetto “Una canzone a Nisida”. Il percorso formativo realizzato dall’Associazione Marano Ragazzi Spot Festival, l'Assessorato alla Scuola e all’Istruzione e l’Istituto Penale Minorile di Nisida, che ha coinvolto i ragazzi dell’IMP e gli studenti degli istituti: Liceo Pansini, Liceo Genovesi, ITI Marie Curie e ITC De Nicola, è stato presentato ieri al Teatro San Carlo, in occasione del ventennale della strage di Capaci. Per una settimana a marzo una ventina di ragazzi “di fuori” e una ventina “ hanno realizzato il testo e la musica della canzone “Chi vuol cambiare può cambiare” lavorando insieme tra le mura del carcere sull’isola di Nisida, seguiti dagli educatori, dagli insegnanti, dal rapper Lucariello e dalla cantautrice Claudia Megrè.

Nell'ambito delle attività previste dal progetto, i ragazzi delle scuole napoletane e quelli dell’IPM di Nisida hanno dato vita ad una classe virtuale, che ha permesso loro di vivere un'esperienza relazionale e culturale incredibilmente formativa. L’incontro generato partendo da un cerchio di corpi e di anime ha sconvolto i confini e i pregiudizi dei ragazzi. 

“Realizzare la canzone e il video è stato il pretesto per incontrarci- racconta Davide Lepre del liceo Pansini-. riunirci è stato il modo per conoscerci e scambiare le nostre esperienze, di incontrarci e di scontrarci. Le differenze ci sono, ma nel cerchio si è venuta a creare una comunità in cui noi abbiamo ricevuto tantissimo dai ragazzi. Io ho legato con Ousmann, è stata amicizia a prima vista”.

L’impegno fuori e dentro il carcere. Sul palco animato dall’attore Renato Scarpa, in veste di presentatore, sono intervenuti i ragazzi protagonisti, i rappresentanti delle istituzioni coinvolte e i “gli artefici” del progetto: Annamaria Dolce, moglie del Sindaco De Magistris e Rosario D’Uonno, da 15 anni impegnato con il Marano Ragazzi Spot Festival (progetto promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale della Campania) nei progetti per i ragazzi che coniugano il video con l’impegno civile, che da 7 anni ha importato in carcere il suo metodo realizzando con i ragazzi delle scuole e quelli di Nisida uno spot sociale. La mattinata infatti è stata anche l’occasione per presentare in anteprima una prima versione dello spot realizzato quest’anno dai ragazzi degli istituti Segrè e Levi di Marano insieme ad un gruppo di ragazzi di Nisida nell’ambito delle attività del Marano Ragazzi Spot Festival che si svolgerà ad ottobre.

“Il progetto “Una canzone a Nisida” è solo un inizio – ha dichiarato l’assessore Annamaria Palmieri – la nostra idea è di farlo crescere e portarlo in tutte le scuole della città nei prossimi anni. Il progetto rappresenta il vero senso della scuola quale luogo d’incontro”. A questo scopo l'Assessorato alla Scuola e all’Istruzione firmerà un protocollo d’intesa con il Centro Giustizia Minorile, l’Ufficio Scolastico Regionale della Campania, per riproporre percorsi educativi sulle problematiche della devianza minorile e dell'inclusione sociale in tante altre scuole partenopee e nei diversi istituti di pena minorile della Campania. 

Serena Battimelli, magistrato di sorveglianza  dei minori, ha sottolineato che “l’incontro e il confronto che conducono all’immedesimazione reale è una spinta a costruire una società diversa, più equa e più giusta”. Mentre Adriana Tocco, garante dei diritti dei detenuti, che ha seguito lo svolgersi del progetto fin dall’inizio ed è convinta del suo grande valore sociale, ha invitato tutti i presenti a non dimenticare i ragazzi di Nisida una volta fuoriusciti dal carcere e a prendere l’impegno di creare percorsi di reinserimento post pena.

Concorda con il fatto che sia necessario un impegno di tutti ad intervenire anche fuori del carcere, Maria Teresa Dolce che racconta: “Quando sono entrata a Nisida e ho visto gli occhi e le mani dei ragazzi, erano uguali a quelli dei miei figli. Stanno là dentro perché non c’è nessuno del mondo adulto che li ha aiutati. Il lavoro che realizzano responsabili e operatori in carcere è ottimo, ma bisogna cercare di fare qualcosa prima che i ragazzi arrivino dentro, in questo senso il lavoro nelle scuole è fondamentale”.

Il valore formativo dell’incontro. I ragazzi che hanno partecipato al progetto si susseguono sul palco leggendo lettere e poesie sull’esperienza vissuta, le parole bruciano di rabbia e voglia di riscatto e li rendono uguali al di là della provenienza : “Ho vissuto una dimensione surreale nel cerchio, sospesa tra la malinconia dell’infanzia e la rabbia del presente. Ho capito che la libertà è una condizione mentale: a Nisida ho rotto le pesanti catene dei pregiudizi”;  “Prima le cose le guardavo dall’esterno, A Nisida ho imparato a entrare nelle cose, a sentire con la pancia”; “Ho il dovere di fare qualcosa per chi non ha avuto le mie possibilità”; “Vincenzo è cambiato a Nisida. Prima gli piaceva tutto quello che era danno. Ora gli piace la vita”.

 “Questa esperienza ci dà due lezioni- chiarisce Rosario D’Uonno, che ama definirsi il “colpevole” di un modo di intendere la scuola improntato al “fare insieme”-: non andiamo a Nisida per insegnare, ma per imparare; il cerchio è un esercizio di democrazia perché dentro di esso siamo tutti punti uguali e impariamo ad essere responsabili”.

Tra gli educatori, una piccola grande donna d’eccezione, Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo, vittima innocente di camorra, da anni impegnata insieme al Coordinamento campano dei familiari delle vittime e con la neonata associazione “Silvia Ruotolo”, segue progetti che puntano alla riabilitazione dei minori detenuti. “Nella pancia di tanti ragazzi urla la voglia di cambiamento- dice piena di speranza Alessandra-. Dagli istituti scolastici devono uscire cittadini, il fatto che tanti ragazzi pronunciano i nomi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Silvia Ruotolo significa che dentro di loro sentono una legalità non formale e necessaria”.

La memoria. Ricordando la strage di Capaci, De Magistris ha riportato il suo personalissimo ricordo del magistrato ucciso: “Sento molto questi 20 anni, il 22 maggio del 1992 consegnai gli scritti del concorso in magistratura nelle mani di Francesca Morvillo e incrociai lo sguardo di Falcone nella sua croma blindata. Chi come me ha avuto l’occasione di incrociare lo sguardo di Falcone o Borsellino ne ha colto l’intensità. Ciò che più ci da speranza è che ragazzi della vostra età conoscono perfettamente le stragi di Capaci e Via D’Amelio”.

Commentando poi il tema della canzone realizzata a Nisida, il sindaco ha ricordato che: “sicuramente si può scegliere ma non sempre è facile: tanti adulti che hanno fatto scelte sbagliate, non hanno avuto adeguate alternative da ragazzi”. De Magistris ha espresso invece una dura condanna verso chi ha la possibilità di scegliere ma non lo fa: “se Falcone e Borsellino non sono morti solo perché è stato messo il tritolo, ma perché ci sono persone che hanno trovato comodo non schierarsi. Paolo Borsellino è stato ucciso perché aveva capito che mentre lui cercava i mandanti e gli esecutori della strage di Capaci, altri che vestivano la toga macchiata di corruzione tramavano nell’ombra. Probabilmente i principali responsabili della morte di Giovanni Falcone sono anche all’interno della magistratura e delle istituzioni. Quelli che a distanza di 20 anni stanno ancora al loro posto”.

Ha concluso l’incontro Don Tonino Palmese, “la memoria è una grande opportunità educativa- ha spiegato il referente campano dell’associazione Libera- perché determina una scelta nei ragazzi: solo pronunciare il nome di Giovanni, di Paolo, significa scegliere da che parte stare. Il ragazzo che dal carcere vede i ragazzi fuori pensa che siano fortunati senza capire che dietro c’è la fatica, la scelta, l’impegno, mentre i ragazzi così detti fortunati vedono nel ragazzo carcerato uno che se l’è cercata e pensano che è giusto che paghi e basta. L’uguaglianza nell’omologazione è la rovina di questa città e di tante città. Invece se ci incontriamo diventiamo uguali nella dignità”.

Se vuoi cambiare puoi cambiare. Don Tonino si è ispirato poi all’ultimo film di Massimo Troisi “Il postino” per lanciare il suo appello ai giovani a guardare sempre la bellezza: “è proprio Renato Scarpa, che interpreta il capo postino ad accorgersi che è importante registrare i rumori dell’isola, e quando Troisi punta il microfono al cielo per registrare il suono delle stelle, rendendosi conto che le stelle non fanno rumore tuttavia si accorge della loro bellezza. Tanti ragazzi guardano programmi squallidi come “Amici” e “Uomini e Donne” e non il cielo stellato. Io sono convinto che diventi quello che guardi. Perciò dobbiamo recuperare la bellezza”.

La mattinata si è conclusa cantando tutti insieme la canzone “Se vuoi cambiare, puoi cambiare”. Il videoclip della canzone andrà in onda gratuitamente sugli schermi del Video Metrò nelle metropolitane e funicolari cittadine, per 80 volte in questi giorni, grazie all’impegno sociale del presidente di Video Metrò Luciano Colella.

Chissà che altri ragazzi ascoltandola possano comprendere il valore del cambiamento, vissuto in prima persona da coloro hanno partecipato al progetto, come Davide Lepre che racconta così il suo cambiamento interiore: “Io ero molto giustizialista, credevo nella punizione del reato, ero il primo a puntare il dito. Invece a Nisida ho avuto una serie di “schiaffoni morali”, ho imparato a comprendere che è il contesto a condizionare le scelte delle persone,  e solo quando hai la fortuna di incontrare i giusti maestri puoi cambiare”.

Alessandra del Giudice

 

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