Tre terroni a zonzo, il nuovo libro di Antonio Menna

Tre giovani napoletani alla ricerca di un lavoro (e di sé stessi).

antonio-menna-2Non è andare o restare la cosa che sembrano chiedersi i protagonisti di “Tre terroni a zonzo”, il nuovo libro di Antonio Menna (Sperling & Kupfer, 12,00euro, pp.144) ma “chi siamo?” Una domanda che ci siamo fatti tutti quando il mondo che conosciamo cambia, e noi insieme a lui.

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Ilaria, Michele e Diego Armando (sì, come Maradona) sono tre ragazzi venuti su con le idee chiare su cosa volevano essere, hanno progettato il loro futuro e mantenuto la rotta nonostante i dubbi e le incognite che ogni esistenza porta con sé, e ora, freschi di laurea, si chiedono come mettere in pratica, concretamente, quello che su carta è già realtà. Hanno studiato tutti, i tre giovanissimi, e tutti e tre sanno, dalla vita e dai giornali, che non basta: il vero lavoro non è quello cui il titolo di studio potrebbe dare loro accesso, ma la fatica che ci vuole per  trovarlo.

Nelle pagine di Menna, più forte di ogni idea sul lasciare Napoli e l’Italia per trovare la propria, giusta collocazione professionale o sul restarci, accontentandosi e industriandosi per non perdere i sogni e le possibilità, c’è, chiarissimo, il senso di smarrimento di chi deve provare, prima di tutto a sé stesso, che sta crescendo e sta andando avanti nella sua vita, spesso senza l’aiuto di una mappa che segni il percorso più giusto e meno doloroso da seguire. Il tratto che fa di questo libro una storia necessaria è anche l’incapacità delle diverse generazioni di capire cosa significhi, effettivamente, precarietà, flessibilità, lavoro: padri e madri, ma anche professori, datori di lavoro e amici sembrano non capire, chiaramente, cosa stanno vivendo i giovani napoletani oggi. Anche chi lascia il Paese, se lo chiede. “Tre terroni a zonzo” è, in definitiva, un libro che racconta l’essere giovani nonostante tutto, pronti di mente e vivaci di pensiero anche quando la quotidianità toglie il mordente alle sfide o le rende competitive ad un livello troppo alto.

Perché quando non si trova (o si trova) un lavoro, può succedere di perdere anche una parte di sé.

 E in questo senso, sapere che ci sono altri come te, che siano i protagonisti di una storia o i tuoi amici o i tuoi compagni di lavoro e di università, ti fa sentire meno solo.

Raffaella Ferré

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