Identikit di un dolore: chi è a soffrire, perché?

veronica-simeoneÈ poco più di una bambina e si muove già sicura per la città, la sua età, il suo carattere è un ago che oscilla sul limite tra fanciullezza e maturità. Studia, ha una bella casa, una cameretta, genitori benestanti. Eppure conosce la paura, la vive con estrema sfiducia, quasi ci fosse condannata: ogni giorno, ad ora pranzo, a cena, sul tavolo, accanto alle posate, c’è l’angoscia. Perché lei soffre di disturbi alimentari e abbassa gli occhi, il suo profilo sfuggente non possiamo vederlo che tratteggiato qui, nell’identikit diffuso dal Centro di Salute mentale del Distretto 24 dell’Asl Napoli 1. Venuto fuori da un’indagine epidemiologica compiuta su 220 pazienti che si sono rivolti all’ambulatorio di via Monte di Dio, lo studio ci rivela che l’incidenza dei comportamenti alimentari impropri è pari al 50% del campione: il 15 % circa ha una diagnosi di anoressia nervosa, il 30% di bulimia nervosa e poco più del 5% ha altri tipi di diagnosi come la sindrome dell’alimentazione notturna.

Fabiola De Clercq, fondatrice di Aba (Associazione Bulimia Anoressia), aggiunge qualche dettaglio: «Circa il 50% delle nostre pazienti, circa 3 mila l’anno in tutta Italia usa mangiare, vomitare, bere alcolici e sniffare cocaina per non sentir la fame, per essere magra. Nella lotta ad ogni forma di rotondità e curva ogni trucco è permesso».

Un disturbo senza età

Questo comportamento non ha età: si va dalle giovanissime alle  30-45enni. Sì, perché nella folle ricerca di un corpo adolescenziale,  levigato e spigoloso, la ragazzina che si aggira sicura nella città acquista anni, tocca i trenta, i quaranta, i cinquanta. E mentre le età le si accumulano ai piedi, sulla bilancia non deve restar traccia del loro passaggio: il peso deve restare lo stesso, le paure e le patologie, quasi fossero le legittime compagne di viaggio, pure. Veronica Simeone, psicologa e specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale, alle spalle l’esperienza in case famiglia, spiega: «Partiamo dal presupposto che esistano tre grandi categorie: anoressia nervosa, bulimia nervosa e altri disturbi del comportamento alimentare non categorizzati. Eppure, nonostante stiamo parlando di diverse patologie, diversi fattori e diverse modalità di intervento, c’è un punto comune che sta lì a far quasi da nodo cardine al dipanarsi della problematica: in termini medici si chiama “disfunzione dello schema di autovalutazione”, ma più semplicemente diremo che a soffrire di questi disturbi sono persone che non conoscono e sanno apprezzare il loro valore personale quindi si giudicano e si valutano, costruiscono la propria autostima, solo sulla capacità di esercitare controllo sul cibo, sull’istinto di nutrirsi».

Ma perché questi problemi sembrano riguardare solo delle donne? Francesco Buoniconti, nutrizionista e responsabile della Scuola di Nutrizione Salernitana che si occupa della formazione dei professionisti dell’alimentazione spiega: «Ragazzi e ragazze sono entrambi esposti a far i conti con il crescere, ad affrontare situazioni disagevoli in cui chiedersi di sé. E’ successo a tutti: cerchiamo uno specchio in cui guardarci, qualcuno con cui far confronti e la televisione, i giornali ci restituiscono un’immagine cui paragonarci. Qui nascono le differenze, perché nel caso di un ragazzo avremo sempre, alla fine, dall’altro lato, una corrispettivo che appare sicuro di sé: si aspira ad essere un uomo di successo, sano ed in salute. Nel caso della rappresentazione della donna, invece, l’eccessiva magrezza è una costante. Una ragazzina che decide di non mangiar più trova così un conforto, una legittimazione: non si chiede il perché del suo dolore, le basta accendere il computer».

I Pro ana e Pro mia

In Italia sono più di 200. In Spagna la polizia ne ha scoperti 400, in Francia ad aprile sono stati vietati: si tratta dei pro ana e dei pro mia, siti internet, blog e diari on-line in cui l’anoressia e la bulimia sono filosofie di vita cui votarsi. Secondo un’indagine dell’Eurispes, nel nostro Paese queste realtà virtuali stanno crescendo. C’è chi racconta la propria giornata alimentare, chi tiene un diario di calorie ingurgitate e poi riviste, tutte intere, nel fondo del wc. C’è chi cerca conforto e questo conforto arriva dalle altre che dicono: vai, continua così. Non c’è spazio per gli altri: chi chiede spiegazioni o cerca una riflessione viene attaccato

«Forse tutto questo è vero - racconta, via email, in confidenza, una delle frequentatrici - è vero che ho cominciato da bambina, è vero che a casa mia non mancava nulla, almeno dal punto di vista economico. E’ vero che esercitando un controllo sul cibo mi sembrava di poter tenere a bada anche altre cose, ed è anche vero che stare nei vestiti mi faceva sentire quasi simile alla ragazza vista nella sfilata, in tivù, tanto che pensavo: un giorno, anche io, sarò così. Perché sì, guardi gli altri per cercare te, perché tu da sola non ti vedi. Questo succede anche in rete: anche le ragazze che scrivono e appuntano ogni cibo mangiato, ogni ora di cyclette, le costole che riescono a contarsi, cercano alla fine, tutte una voce dall’altro capo. Io frequento questi siti, è vero. Ma alle volte, ne frequento anche un altro, quello di una ragazza che è guarita e che scrive esattamente quello che vorrei poter pensare io, parlando all’anoressia quasi come ad un amore sbagliato: “Non so perché ci siamo conosciute, non so perché mi sei piaciuta così tanto. Non so neanche perché mi sono divertita, se alla fine era solo male quello che facevo a me. Però mi ricordo quando ti ho vista, lì nell’angolo: bella, di una bellezza unica e difficile da descrivere. Eri impalpabile, così vicina a me, ma così irraggiungibile; fatta quasi di aria, leggera, inafferrabile. E oggi, dopo un lungo o breve anno, festeggio la tua assenza. Rido, rido perché sto festeggiando la tua assenza, anche se non sei ancora sparita definitivamente dai miei pensieri. È da un anno che ogni giorno mi sveglio conoscendo il mio obiettivo. È da un anno che ogni giorno mi alzo e so che devo sconfiggerti”».

Raffaella R. Ferré

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