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Giovedì 28 Marzo 2024




Dove sono finiti gli eroinomani? Viaggio tra gli irriducibili della “pera”

Dove sono finiti gli eroinomani? Viaggio tra gli irriducibili della “pera”

heroinFino alla fine degli anni Ottanta erano figure tristemente familiari dello scenario urbano. Allora gli eroinomani sembravano tantissimi, potevi incontrarli negli autobus, nelle piazze, nei luoghi della movida. Le siringhe abbandonate per la strada spesso erano il segno del loro passaggio. Erano gli anni in cui l'eroina sembrava l'unica droga di cui aver paura. La televisione trasmetteva un famoso spot contro l'Aids: uomini in bianco e nero che si passavano il contagio, raffigurato da un'aura viola, in mille modi. E nella percezione di tanti il più subdolo e rischioso era la puntura accidentale con un ago infetto. Oggi il mito della brown sugar è stato surclassato dall'irruzione sul mercato di nuove sostanze. La cocaina, un tempo la droga dei ricchi, in forme varie è diventata la regina del consumo. Grande successo anche per le sintetiche, come Mdma, Ketamina ed Ecstasy. Ma il dato sui sequestri mostra che l'eroina non è affatto finita: nel2010 in Italia ne sono stati intercettati carichi per circa mille chili, un decimo solo in Campania, quasi tutti diretti a Napoli. Dunque, se in città arriva ancora così tanta eroina, dove sono finiti i consumatori?

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“Aiutaci a vivere”, un avamposto di impegno civile nel cuore dello spaccio

inchiesta-20092011-2Vengono fuori da cumuli di immondizia richiamati dal clacson. Corpi scheletrici, con gli occhi spenti, avanzano barcollanti fino all’auto per raccogliere il sacchetto di plastica con dentro acqua, panini, succhi di frutta che gli porge Patrizia. Da tantissimi anni questa donna dalle spalle larghe gira  tra i luoghi di consumo della più grande piazza di spaccio d’Europa per portare una qualche forma di assistenza ai tossicodipendenti. Precisamente dal 1995, quando ha aperto nel famigerato Lotto P, uno dei più importanti punti vendita di droga di Scampia, un piccolo ambulatorio. Lo ha chiamato “Aiutaci a vivere”, lo porta avanti senza fondi pubblici, solo con il sostegno di donatori e l’aiuto di una decina di medici specialisti che prestano servizio volontario.”Chi mi da la forza? La fede, senza non potrei farcela”, dice sorridendo, prima di cominciare il viaggio, che in pochi osano fare, tra i dannati che si raccolgono a decine in giardini periferici e magazzini abbandonati per bucarsi.

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Amore a prima vista: il rapporto con la sostanza di due ex consumatori incalliti

inchiesta-20092011-1“La prima volta non si scorda mai”. Sandro e Dario usano le stesse parole per descrivere il primo incontro con quella identica passione che li ha sedotti, umiliati, traditi e dalla quale ora cercano di liberarsi: l’eroina. Raccontano uno per volta, separatamente, ma sembra che recitino lo stesso copione. Nella storia del loro travagliato rapporto con quella che definiscono la “regina di tutte le droghe” la metafora dell’amore ritorna di continuo. E anche ora che stanno cercando di smettere in una comunità di recupero, nel ricordo di quando disperatamente cercavano una dose da iniettarsi e si “facevano” in luoghi infernali c’è un che di nostalgico.  “L’eroina ti seduce, ti conquista”, spiegano. Cambiano le mode, passano le generazioni ma continua a esercitare il suo fascino fatale. Tra i due ci sono venti anni di differenza. Sandro ha 45 anni, è nato a Castellammare di Stabia: “A scuola ho ricevuto un’educazione rigidissima, per reazione sperimentavo tutto quello che era proibito. Frequentavo ragazzi più grandi di me, e quando nella comitiva hanno cominciato è venuto naturale anche a me. La prima volta avevo 16 anni”. Dario, invece, di anni ne ha 25, viene da Avellino, e ha cominciato tre anni fa: “Mi piaceva sballarmi. Ma mi ripromettevo che non mi sarei mai iniettato nulla. Poi dopo essermi lasciato con la fidanzata un amico mi convinse a provare. Ed è stato bellissimo: le altre droghe possono prenderti male, l’eroina no. Ti fa sentire appagato e in pace con tutto”. Da quel primo buco in poi, a dispetto dell’anagrafe, le loro vite hanno finito per somigliarsi sempre di più. Stessi posti, stesse dinamiche, stessi espedienti.

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“Le stanze del buco? Sperimentiamole a Scampia”

Parla un dirigente del Sert. “Tutelano la salute dei tossicodipendenti e la tranquillità dei residenti”

inchiesta-20092011-3Narcosale o stanze del buco: due termini tabù per l’Italia. Non per molti operatori del settore, che ne sollecitanola creazione. Daanni sono in prima linea per la riduzione del danno da consumo di stupefacenti. Nel Sert di Napoli dicono di essere una minoranza, ma in crescita. Uno di loro, un dirigente, ci ha rilasciato un’intervista sull’argomento. Non avrebbe avuto problemi a spiegare apertamente le sue ragioni. Resta, però, anonimo perché una circolare della Asl Napoli1 hareso obbligatoria per tutti i dipendenti un’autorizzazione del commissario straordinario a parlare conla stampa. Richiestadi autorizzazione a cui non è arrivata risposta. E abbiamo così preferito non renderne noto il nome.

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Aumenta il carcere, non diminuiscono le droghe

Nel secondo libro bianco di “Antigone” e “Forum droghe” il fallimento della legge Fini-Giovanardi

carcereTormentati da un’astinenza che può diventare dolorosissima, gli eroinomani patiscono più di altri le condizioni di vita in carcere. E spesso, pur di procurarsi una dose, sono costretti a rivolgersi a detenuti senza scrupoli e con buoni agganci. Sì, perché in prigione, almeno a Napoli, di droga se ne trova eccome. E, per chi ne vuole uscire, è molto più difficile combattere la dipendenza. Gli operatori dei Sert di Poggioreale e Secondigliano lo sanno bene. Da quando hanno cominciato a lavorare in carcere, hanno preso in carico circa 10mila detenuti, con una percentuale di successo dei trattamenti contro la dipendenza da eroina molto più bassa rispetto a quella registrata all’esterno. Oggi a Poggioreale i servizi per la tossicodipendenza della Asl assistono complessivamente circa 500 persone su una popolazione di 2700 detenuti; 200 su 1250 sono quelli seguiti nel penitenziario di Secondigliano.

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Scheda: la comunità “Il Pioppo”

il-pioppoIl Pioppo è un’associazione senza scopo di lucro che opera sul territorio attraverso un sistema polivalente di servizi, articolato in strutture residenziali, semiresidenziali e diurne, con interventi preventivi ed unità territoriali. Le attività associative sono prevalentemente indirizzate all'accoglienza, recupero e reinserimento sociale di ex tossicodipendenti, minori e giovani "a rischio di devianza" di area penale e civile, ma le tematiche d'interesse dell'Associazione riguardano più in generale i problemi connessi all'emarginazione sociale e all'integrazione dell'agio con il disagio, per cui sono sorte strutture che si occupano di minori, persone diversamente abili e immigrati. L'associazione nasce all'inizio degli anni '80 per iniziativa di un gesuita, padre Ernesto Santucci che, come risposta ad una forte domanda di presa in carico di giovani tossicodipendenti, fonda a Somma Vesuviana una comunità di accoglienza.

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