Immagina tu: una storia vera

Chiudi gli occhi e immagina tu di avere 15 anni. No, non basta tornare indietro con la memoria a quando 15 anni li avevi davvero. Per far quello che ti chiedo devi, anzi, dimenticare e al bivio del tuo ricordo adolescente prendere una strada diversa, quella che porta sui Quartieri Spagnoli, Napoli-Napoli, centro del centro, case che non vedono il mare, e tu lì, ed è quasi estate, fuori c'è il sole, lo sai anche se non lo vedi, lo sai perché il caldo si è attaccato alle pareti di casa, la casa si è chiusa su se stessa anche se la porta è spalancata sul vico, l'aria si è fatta di colpo pesante come dopo un litigio. Tu, 15 anni, i litigi li conosci bene, sai già della praticità delle mazzate, l'hai scoperto che eri bambino ancora più di adesso, sei tornato da scuola e hai visto tua madre al balcone: “Mammà, io me trattengo abbascio”. Tua madre ha risposto: “No. Saglie che he abbuscà”, sali che devi prendere la tua quota parte di botte. Mestamente sei salito. Ed ad ogni gradino, 27, li hai contati, ti sei chiesto: “Perché?”

Immagina, ora, di non chiedere più niente. Non c'è perché la cui risposta non sia: perché sì, perché è così, perché è l'unica possibilità qui. Le mazzate non le prendi più, e non è che non te le meriti: è che sei alto, tua madre in prospettiva t'arriva appena alle spalle, sei grande, si ommo. E da uomo puoi decidere, ad esempio, che oggi è quasi estate, c'è il sole, il caldo, e che importa se hai gli esami di terza media, li hai aspettati per due anni, stavolta saranno loro ad aspettare te, tu vai al mare.

No, l'operatrice sociale che bussa alla porta non riuscirà mai a convincerti che in fondo, in fondo, Mergellina non si muove di là, mentre la vita sì, se non la acchiappi al tempo giusto corri il rischio che ti passi per dosso come fa la gente dentro la Pignasecca, ti scamazza, ti sommerge, ti spinge agli angoli. Tu all'angolo, scamazzato sommerso ci sei già. L'operatrice sociale, educativa territoriale, tutoraggio, dice: “E' importante”. Tu 15 anni, terzo di quattro figli, tuo padre lavoro strano e poi carcere, tua madre in casa, porta il caffé nel basso dove giocano alla tombola tutta la notte, tua sorella estetista colata di gel unghie fidanzato geloso forse incinta e state tutti in due stanze più cucina e bagno, due stanze povere e tirate a lucido assieme, il televisore schermo piatto, lo stereo e il vetro della finestra rotto da due anni e azzeccato con lo scotch, tu che hai già il costume, un costume della Puma, perché il costume Puma ti fa uguale agli altri almeno davanti al mare, tu che non hai ancora capito la successione dei mesi e come mai aprile viene prima di maggio e adesso, invece, che giorno è? Tu che della scuola sai solo sospensione note e di chi si prende cura ti hanno abituato a pensare, chissà che vuole, chissà che cerca, e se non cerca niente e se non vuole niente allora forse si sente in colpa, e non bisogna chiedersi perché, devi solo approfittarne. Tu, l'operatrice sociale che ti sorride e continua a dirti che puoi farcela, l'operatore che ti dice: “Jamme, Peppì, è una cosa di niente, dopo ti porto io a fare il bagno”, li seguiresti?

Raffaella R. Ferré

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