Intervista/1 Luigi Cuomo: “Oggi l’usura è l’affare delle mafie”

luigi-cuomo“Il cravattaro tradizionale poteva appoggiarsi al camorrista per accrescere la sua capacità intimidatoria. Per operare doveva a volte pagare una sorta di tassa al boss del territorio in cui operava e in cambio poteva servirsi dell’appoggio dei suoi affiliati per riscuotere i suoi crediti. Oggi è direttamente la camorra a investire, e a investire molto in questa attività, imponendo nuove regole e nuovi obiettivi”. E’su questa mutazione genetica del fenomeno usura che insiste Luigi Cuomo, coordinatore regionale di Sos Impresa, l’associazione di Confesercenti nata a sostegno delle vittime di racket e usura. “Negli ultimi dieci anni sono sempre di più i clan che compaiono nelle cronache giudiziarie per questo tipo di reato. Sulla base del nostro monitoraggio soltanto le operazioni usuraie scoperte che hanno coinvolto esponenti della criminalità organizzata sono aumentate di oltre il 50 per cento”.

Cosa è cambiato?

“In passato il mafioso o il camorrista disprezzavano i cravattai, li consideravano dei parassiti. Oggi, al contrario, colgono la grandissima utilità dell’usura. E hanno fatto di questa attività un ramo fondamentale della loro impresa. In primo luogo gli consente di riciclare gli immensi proventi del traffico di droga o del giro delle scommesse, e poi gli dà la possibilità di penetrare a fondo nel tessuto dell’economia legale”

In che modo?

“Innanzitutto il target delle vittime è diverso. A differenza dell’usuraio di quartiere che presta denaro a famiglie e piccoli commercianti,  quello mafioso prende di mira aziende che reputa redditizie: in tempo di crisi anche imprenditori meglio strutturati  possono avere necessità urgente di accedere a crediti per non perdere commesse e essere così  tagliati fuori dal mercato. E in questi casi solo l’usuraio mafioso può essere in grado di movimentare e rendere disponibili ingenti somme di denaro in breve tempo”.

E come cambia il rapporto della vittima con questa nuova figura di usuraio?

“E’ l’usuraio mafioso, spesso il ragioniere del clan, quello che ne cura gli investimenti, a presentarsi dall’imprenditore che ha saputo essere in difficoltà, e non il contrario come accadeva in passato. Si propone come una sorta di socio, perché se resta identico a quello del cravattaro tradizionale l’interesse per la moltiplicazione del denaro e l’espropriazione del patrimonio, l’obiettivo reale diventa  impossessarsi dell’azienda. Mica fanno credito a tutti, solo alle imprese che rivestono ruoli strategici, che hanno prospettive di crescita e stanno attraversando un momento di crisi momentaneo.

Perché se sono aziende così strutturate non si rivolgono alle banche?

“La domanda corretta sarebbe perché le banche non concedono crediti? E’questo il vero problema. Preferiscono acquistare Titoli di Stato invece di incentivare l’economia reale. Di fatto non assolvendo a questa funzione, finiscono per svolgere un ruolo criminogeno”.

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