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Mercoledì 24 Aprile 2024




D’Errico, vita da numero 1!

d erricoOsservano i compagni da lontano, mangiano la polvere per difendere la loro roccaforte a spada tratta, si distendono in tuffo per arpionare una sfera che non è mai statica e respirano le zolle d’erba come nessun’altro.

Loro sono i portieri di calcio: figure estremamente solitarie senza alcun alibi condannate al giudizio subitaneo e crudele dei tifosi al primo errore commesso, autentiche teste matte che sfidano il brivido del caso, esperti masochisti che si augurano che i loro avversari siano quasi sempre pericolosi per poi dimostrare alla folla tutto il loro repertorio di valore. Per svolgere questo ruolo nel migliore dei modi occorre che l’estremo difensore disponga nel proprio Dna di una buona dose di sicurezza e spavalderia, caratteristiche che servono a fronteggiare con estrema serenità le folate di vento della critica quando sopraggiungono impietose. Chi difende i pali dell’Afro Napoli con una gran voglia di migliorarsi partita dopo partita è Raffaele D’Errico, il portiere biancoverde cresciuto, guarda caso, col mito di Gigi Buffon, il numero 1 dei numeri 1 nel suo ruolo. Grazie a lui e ad una difesa granitica i leoni su 19 partite giocate hanno subito solo 7 goal in campionato.  La squadra multietnica, capolista nel girone B di Promozione, può dormire sonni tranquilli perché quando gli avversari tentato di aggredirla ad abbassare la saracinesca ci pensa il 19enne D’Errico.

Come nasci portiere e quando hai tirato i primi calci al pallone?

Il calcio è una passione che scorre nelle mie vene dall’età di 5 anni e all’epoca giocavo nel ruolo di attaccante. In campo ogni tanto intervenivo in scivolata e arretravo in difesa ragion per cui il mister decise un giorno che avrei giocato in porta: avevo appena 6 anni, militavo nella Campania Soccer a Mugnano e adoravo stare a contatto con il terreno.

Ogni portiere possiede caratteristiche peculiari. Quali sono i tuoi punti di forza?

Considerato che non sono molto alto, 1 metro e 80 centimetri, sfrutto assai la forza elastica e quella esplosiva. Coi piedi me la cavo anche se sono consapevole che potrei fare di meglio.

Prima di una partita in che modo ti concentri?

Per scaramanzia sistemo i parastinchi e la maglia sempre allo stesso posto e allo stesso modo. Mi tolgo le scarpe non appena entro nei spogliatoi e uso le pantofole, poi mi isolo e inizio a pensare.

Perché quest’anno hai deciso di giocare per l’Afro Napoli?

Ho sposato questo progetto prospettatomi dal presidente dal momento che mi è piaciuto sin da subito. L’Afro Napoli è una grandissima squadra che merita il meglio. Inoltre è una società solidale che aiuta molto i ragazzi ad integrarsi. Tutta la dirigenza, a partire dal patron Gargiulo, e lo staff tecnico sono composti da persone professionali e qualificate. Si tratta di uno dei club più seri della Campania.

Fuori dal campo che persona sei?

Sono un ragazzo che se ne sta per i fatti suoi però quando sto con gli amici mi diverto, sono solare e mi piace socializzare con la gente.

Quali sono le qualità che apprezzi in Gigi Buffon, il tuo modello di riferimento?

Non appena si parla di estremi difensori si pensa subito a lui perché  è il “Maradona dei portieri”. E’ il mio idolo ed è per questo motivo che sono anche tifoso della Juventus. Del numero 1 dei numeri 1 apprezzo il carisma, la tecnica, la reattività e il senso della posizione.

Quanto tempo trascorri sui social network?

Non molto, li utilizzo un po’ solo al mattino appena mi sveglio e nel pomeriggio dopo aver fatto allenamento. Preferisco il contatto umano: stare per strada, prendere un caffè al bar e fare una chiacchierata con un amico.

Qual è il compagno di squadra che ti fa ridere di più?

Giuseppe De Fenza, il più simpatico dell’organico, che mantiene lo spogliatoio felice.

Qual è stato il momento più bello della tua giovane carriera finora?

Il rigore parato con la maglia del Benevento contro  il Lecce nella categoria Giovanissimi Nazionali nel 2012 e i due penalty neutralizzati nella stessa partita a Roma contro la Lupa Roma quando giocavo tra le fila dell’Ischia nella categoria Beretti Nazionali. Come non dimenticare le panchine in Serie C sempre con la maglia dell’Ischia che mi hanno formato dal punto di vista caratteriale stando a contatto con compagni più grandi di me.

La famiglia svolge un ruolo chiave nella tua vita?

E’ fondamentale: mi è sempre stata accanto sia nei momenti migliori che in quelli negativi. I miei familiari sono presenti ad ogni partita e questo è ciò che conta.

Qual è la tua miglior parata in campionato?

Non ne ho fatte tante quest’anno però se dovessi sceglierne una dico quella contro il Poggiomarino al Vallefuoco: a tempo scaduto feci un intervento miracoloso, con la mano di richiamo, sul tiro a giro di Lucarelli.

Quale consiglio daresti a quei ragazzi che vogliono giocare in questo ruolo?

Bisogna essere autocritici e determinati, avere la capacità di non abbattersi dinanzi alle difficoltà e soprattutto deve piacere stare tra i pali in modo solitario. Oggigiorno tutti i bambini vogliono diventare bomber non sapendo che fare il portiere è il ruolo più delicato e importante, quello con maggiore responsabilità in una squadra di calcio.

In un top club come l’Afro Napoli per subire pochi goal bisogna avere una difesa d’acciaio o un grande portiere?

Penso che sia prioritario in una squadra disporre di una retroguardia granitica: io sono fortunato perché la difesa dell’Afro Napoli è tanto forte da farmi recapitare pochi tiri in porta. Poi devo essere bravo io a farmi trovare pronto nel posto giusto e al momento giusto col compito di respingere più tiri possibili.

Qual è stato il momento più emozionante da quando giochi nell’Afro?

La partita in trasferta contro il Procida: la nostra squadra era decimata e quella vittoria ottenuta con le unghie e con i denti ha rappresentato lo spartiacque di una stagione. L’abbraccio a fine gara coi miei compagni mi ha emozionato tantissimo ed è un gesto che porterò sempre con me.

Qual è il tuo obiettivo personale?

La priorità è vincere il campionato e poi finire la stagione con pochi goal subiti, proprio come stiamo facendo. L’anno prossimo l’ambizione è rimanere qui però non mi dispiacerebbe anche un’esperienza in Serie D essendo ancora under perché dall’anno prossimo non lo sarò più nell’Afro Napoli.

Un portiere in che modo deve reagire dopo aver commesso una papera?

Noi estremi difensori dobbiamo sempre aumentare la nostra forza psicologica e quando commettiamo un errore tecnico abbiamo il dovere sacrosanto di resettare il tutto, di non farci condizionare e di andare avanti per la nostra strada. Si sa che quando non siamo in giornata le nostre disattenzioni valgono doppio.

Chi ti ha aiutato ad inserirti bene nei meccanismi dell’Afro Napoli?

Daniele Giordano, ex portiere biancoverde, che all’inizio del ritiro mi ha parlato molto bene di questo club così come Tommaso Di Maio, preparatore dei portieri dell’Afro Napoli, che dall’anno scorso mi ha sempre parlato dell’importanza di questo progetto ed è stato determinante per me affinché io scegliessi questi colori. Con lui sono migliorato riuscendo a mantenere alta la concentrazione durante la partita perché prima di conoscerlo mi distraevo con più facilità.

E con il tuo compagno di reparto, Marco Torino, che rapporto hai?

E’ solido, ci scambiamo continuamente consigli, tra di noi c’è una sana competizione. Marco è una brava persona, ha voglia di imparare e quando è possibile ridiamo e scherziamo anche perché siamo in fin dei conti due giovani ragazzi. Spesso lui mi dà delle indicazioni tecniche di cui io non posso accorgermene giocando in campo.

Quale compagno di squadra riesce a segnarti di più in allenamento?

C’è Diego Maradona Junior ma soprattutto Dodò. Quando il funambolo capoverdiano non mi riesce a segnare ci ridiamo su. Ai calci di rigore invece è infallibile Aldair Soares: è il migliore tra i suoi  e posso anche tuffarmi prima ma se lui riesce a tirare bene il penalty è impossibile pararlo.

Alessio Bocchetti

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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