Il nido, un servizio ancora per pochi

L’impegno del Comune: “Internalizzare gli asili nati con fondi PAC a ogni costo”

bambiniNegli ultimi anni, per bambini e famiglie di Napoli molte cose sono cambiate, e in positivo. Il numero dei nidi è cresciuto ed è destinato ad aumentare, grazie soprattutto ai finanziamenti che sono arrivati dall’Europa e che sono stati gestiti, in un modo o nell’altro, direttamente dalle Municipalità cittadine.

Dove ciò è avvenuto, esattamente nella I, III, IV, IX, Municipalità del Comune di Napoli – in cui sono stati aperti otto nidi sui venti che devono nascere entro il 2019 – anche i genitori hanno potuto beneficiare di alcuni risultati, come il prolungamento orario fino alle 18 e l’apertura nel mese di luglio, nella logica della conciliazione di tempi di vita e di lavoro. Ma si tratta solo di una minima parte della città. Complessivamente, la quantità e la qualità dei servizi sul territorio cittadino resta insufficiente, senza considerare che una volta terminati i fondi del Piano di Azione e Coesione (PAC), il destino delle strutture finanziate dall’Europa è incerto.

bambini mano

Ne abbiamo parlato con l’assessore alla Scuola del Comune, Annamaria Palmieri,  e con l’esperto di infanzia Michele De Angelis. Dalle loro dichiarazioni emergono pareri contrastanti: da una parte l’assessore dice che “i costi sono a carico del Comune, un circolo vizioso a favore dei più deboli”; dall’altra De Angelis specifica, al contrario, che “mancano strategia e visione politica”. Così come, senza un sistema strutturato e stabile in tutta la città, Napoli non è in grado di garantire pari opportunità a tutti i suoi bambini, e questo non vale solo per i nidi di infanzia, che sono ad oggi l’unico vero riferimento per le famiglie del territorio, a parte la rete familiare. Ce lo spiega la sociologa Dora Gambardella che si è occupata di prima infanzia nella sua ultima ricerca.

  • Il nido, tra benessere del bambino e sostegno alla famiglia

L’asilo nido è un servizio educativo e sociale che accoglie i bambini dai 3 ai 36 mesi: il suo scopo è quello, da un lato, di favorire un equilibrato sviluppo psico-fisico del piccolo in piena scoperta del mondo (strumento per il benessere del bambino), dall’altro, di sostenere i genitori che lavorano e non possono occuparsi completamente della sua prima educazione (politica per la famiglia). Se è vero che anche se e quando la mamma non lavora, il nido può essere una scelta strategica, sia per l’autonomia del piccolo sia per quella dei genitori, diventa una necessità quando la madre lavora e deve rientrare dopo una maternità, rappresentando il principale strumento di conciliazione di tempi di vita e di lavoro per una donna. Le più fortunate posso affidarsi ai nonni, la forma di welfare più affidabile, babysitter economici e soprattutto sicuri su cui si può sempre contare dalle nostre parti. Ma per quelle famiglie o coppie che non hanno alcuna rete familiare che li supporti nell’accudimento e nell’educazione dei figli, questo servizio diventa decisivo, oltre ad essere un diritto sacrosanto principalmente per il bambino, come sottolinea l’esperto Michele De Angelis.

  • Napoli ha una copertura pubblica del 5,5%

Secondo l’ultima indagine Istat sull’offerta di nidi e altri servizi per la prima infanzia (pubblicata nel 2016, che considera anche tutti i servizi sociali integrativi), la Campania risulta ultima per comuni coperti (15,8%), seconda solo alla Calabria (10,3%), contro una media nazionale di 53,7%. Stando ai dati disponibili sul Comune di Napoli, la percentuale di copertura dei nidi di infanzia scende ulteriormente. Tenendo conto che vivono sul territorio cittadino circa 33mila bambini da 0 a 3 anni (Demo Istat), si raggiunge una copertura potenziale di appena il 5,5 percento, considerando l’offerta di strutture comunali, percentuale che sale al 7,6 sommando ad esse i nidi privati. In entrambi i casi, siamo anche lontani dalla soglia minima fissata dall’Unione Europea con la Carta di Lisbona per il 2010, che stabiliva un livello minimo di copertura della popolazione del 33% per i bambini nella fascia di età 0-3 anni.

  • I nidi comunali: come funzionano

nido comunale

Stando a quello che si legge sul sito istituzionale del Comune di Napoli, complessivamente sono 55 i nidi pubblici d’infanzia in tutta la città, con una diversa distribuzione per Municipalità. Nell’elenco degli asili nido comunali sono compresi i nidi (asili nido e micro-nidi, che cioè accolgono un numero limitato di bambini, entrambi per età compresa da 3 a 36 mesi) e le sezioni Primavera, vale a dire per  bambini di età compresa tra i 2 e i 3 anni. I nidi pubblici di Napoli funzionano dalle 8 alle 16 ma, grazie ai fondi PAC (Piano di Azione e Coesione), sono molte le Municipalità che hanno prolungato l’orario di uscita fino alle 18, in qualche caso, anticipato l’entrata alle 7 (vedi nido Piazzi, della III Municipalità) ed esteso la frequenza scolastica anche al sabato mattina (fino all’una) e nel mese di luglio.

  • La priorità alle famiglie disagiate

nido comunale 1

I nidi comunali hanno un calendario scadenzato da molti giorni di festa e ponti. L’accesso a questo indispensabile servizio per la prima infanzia è vincolato ad alcuni requisiti e a una scala di priorità (qualche esempio: hanno la precedenza in graduatoria i bambini con disabilità, quelli figli di separati o divorziati, gli orfani, i figli di un solo genitore nel caso di nucleo monoparentale effettivo o di un solo genitore disabile, i figli di genitori che lavorano o disoccupati), per cui non tutte le famiglie che ne fanno richiesta poi rientrano in lista. L’accesso ai nidi comunali, è per circa il 70-80 per cento destinato alle famiglie povere o in cui i genitori siano disoccupati, come ci ha raccontato l’assessore alla Scuola del Comune di Napoli, Annamaria Palmieri.

  • I costi contenuti

A dimostrazione della scelta di privilegiare le fasce deboli nel rivolgersi all’offerta pubblica di nidi, basti guardare  ai costi, tra i più bassi di Italia: il servizio può costare a una famiglia anche 18 euro al mese. Le famiglie dei bambini concorrono alla copertura delle spese con il pagamento di una quota di contribuzione mensile, differenziata per fasce di reddito in base all'indicatore ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e questa quota può arrivare massimo a 280 euro. La quota del servizio comprende la refezione, che comunque “puntualmente” arriva sempre in ritardo nel rimpallo di responsabilità tra Comune e Municipalità, costringendo le famiglie napoletane a fare avanti e indietro finché il servizio non si stabilizza con uscita pomeridiana, più o meno fino alla fine di novembre (ma anche a dicembre, dipende dalla Municipalità in cui ci si trova), disattendendo così a quella logica di conciliazione dei tempi e sostegno alle famiglie di cui si diceva prima.

  • Dove intervengono i genitori

Nel costo mensile sono, invece, escluse  alcune cose che sono a carico del nucleo familiare: oltre al necessario per il bambino (fazzoletti naso, confezioni di acqua, pannolini, salviettine, sapone liquido biscotti/cracker), i genitori devono provvedere a rimpinguare le scorte della scuola di materiali come rotoli carta “grandi e doppi”, guanti monouso, bicchieri di carta. Perché il Comune non passa niente, spiegano i dipendenti dei nidi, oltre a non provvedere direttamente e tempestivamente a guasti o disservizi che si possono verificare all’interno delle strutture scolastiche, alla cui risoluzione provvedono, in genere, gli assessori e/o consiglieri della singola Municipalità (di buona volontà) o il personale stesso del nido in questione, quando non proprio i genitori autotassandosi.

  • Le strutture finanziate con fondi PAC

nido pubblico PAC 1

Dei 55 nidi del Comune di Napoli, 8 sono stati aperti con Fondi PAC (Piano di Azione Coesione), ovvero fondi della Comunità Europea destinati alle aree più arretrate e, in questo caso specifico, allo start up dei servizi per la prima infanzia della Campania, una delle 4 regioni dell’obiettivo Convergenza. Attualmente si contano 8 strutture di questo tipo e vengono gestite dal privato sociale, ma dovrebbero nascere altri 12 nidi per un totale di 20 nidi entro il 2019, che finiti i fondi, dovrebbero essere internalizzati dall’ente comunale.

  • I nidi dal futuro incerto

 “Questi fondi pubblici sono stati pensati come avvio di questi servizi in una fase iniziale, solo dunque come aiuto economico per farli partire. Invece, al momento il Comune ha di fatto affidato i nidi alle cooperative e associazioni senza fornire nulla altro se non la struttura; refezione e personale sono infatti dell’ente di terzo settore che si è aggiudicato la gara e che annualmente presenta la domanda rischiando di fatto di perdere ogni volta l’appalto”. A spiegarlo è Sergio Vasquez, referente della coop Accaparlante per la gestione del nido Il Cucciolo del Vomero, una delle esperienze di maggior successo di quelle avviate con i PAC in questo momento a Napoli.

“Al momento la situazione, oltre a non realizzare affatto il percorso stabilito dalla Comunità europea, rende il futuro di queste strutture doppiamente incerto – aggiunge Vasquez - Incerto nel breve periodo perché di anno in anno l’ente gestore potrebbe cambiare, creando di fatto una discontinuità didattica per i bambino che va al nido, che potrebbe trovarsi di fronte, nel corso dell’anno scolastico, altre educatrici rispetto a quelle che l’avevano accolto. Ma incerto anche nel lungo periodo perché non si sa bene cosa farà di questi nidi una volta esauriti i fondi PAC e questo dovrebbe succedere, a quanto ne sappiamo, a giugno 2019, quindi non tra molto”.

“Parliamo di quelli funzionanti, perché poi ci sono anche altre gare bloccate, di cui non si sa l’esito. Oppure si sa, ma non sono partiti – conclude il responsabile della struttura della V Municipalità - E se non partono subito, che già siamo a dicembre, quanti bambini vuoi che si iscrivano a fine anno scolastico?”. Insomma: questi nidi sono di fatto asili relativamente nuovi perché ristrutturati, gestiti da privati con fondi della comunità europea, messi a gara annualmente, ma che non si sa bene che fine faranno. Del destino di questi nidi abbiamo parlato con l’assessore Palmieri, assolutamente sicura che il Comune di Napoli, in un modo o nell’altro, riuscirà a mantenerli.

  • L’offerta dei nidi privati

Nido Prisma

Stando ancora al sito del Comune di Napoli, il totale dei nidi privati e le ludoteche autorizzati (ai sensi del Regolamento regionale 4/2014) che si trovano sul territorio cittadino sono in tutto 40 e non sono presenti in tutti i quartieri. Di queste 40 strutture autorizzate, appena 10 sono accreditate (per Disposizione dirigenziale), vale a dire che possono stipulare una convenzione con l’amministrazione comunale applicando per le famiglie la stessa tariffa prevista nei nidi pubblici.  Qui c’è una grande variabilità sia rispetto alla qualità del servizio offerto sia rispetto ai costi, soprattutto tenendo conto che  il numero dei nidi privati qui considerato è solo quello dei servizi autorizzati, poi ci sono tutti quelli che sono una realtà ma non hanno tutti i requisiti di leggi previsti.

 

Nidi pubblici e privati divisi per Municipalità (dati: Comune di Napoli)

Municipalità Nidi Pubblici Nidi Privati
I (Chiaia, San Ferdinando) 5 (1 Pac) 8
II (Avvocata, Montecalvario, Mercato, Pendino, San Giuseppe, Porto) 6 4
III (Stella, San Carlo) 6 (1 Pac) 2
IV (Poggioreale, Vicaria, San Lorenzo, Zona industriale) 3 1
V (Vomero, Arenella) 2 (1 Pac) 15
VI (Barra, San Giovanni, Ponticelli) 9 (3 Pac) 3
VII (Miano, Secondigliano, S. Pietro a Patierno) 5 0
VIII (Piscinola, Marianella, Chiaiano, Scampia) 8 0
IX (Soccavo, Pianura) 6 (2 Pac) 1
X (Bagnoli, Fuorigrotta) 5 6
Totale: 95 55 40

Ricettività

Totale: 2450

Pubblico

1780 posti

Privato

670 posti

 

 

 

Nido Prisma 1

Come nel caso dei nidi comunali, ancor di più in quelli privati, la distribuzione territoriale è estremamente eterogenea: si passa da 0 nidi in alcuni quartieri (VII e VIII Municipalità) al record di 15 strutture presenti al Vomero e Arenella (V Municipalità). Che ci siano più città all’interno della stessa città è più che normale, ancora di più a Napoli, storicamente e architettonicamente pregna di contraddizioni: è una questione culturale e, allo stesso tempo, socio-economica, ha a che fare con le esigenze dei diversi ceti che abitano nei quartieri, e si traduce in una grande eterogeneità anche in termini di opportunità, non solo educative, ma anche ludiche e culturali. Il punto è che diverse opportunità possono riverberarsi anche sotto forma di diseguaglianze sociale, fino a diventarne una specie di moltiplicatore, in mancanza di una regia unica dei servizi. È quanto ci ha raccontato la sociologa napoletana Dora Gambardella.

Nella giungla, talvolta un po’ improvvisata, del privato, si va da strutture che non hanno l’autorizzazione solo per la dimensione (che nel caso del nido deve essere almeno di 120 mq) a situazioni border-line come gli appartamenti che fungono da micro-nido familiare, passando per realtà completamente fuori legge a partire dal personale non qualificato e sottopagato (ricordiamo che è necessaria la laurea per lavorare come personale di nido di infanzia). Stesso discorso per i costi, che fluttuano dai 130 ai 400 euro e più, anche all’interno dello stesso quartiere, a pochi metri di distanza. Anche la capienza (ricettività) è molto eterogenea: va dai 6 ai 60 bambini accolti, senza tenere conto delle differenze tra micro-nido e nido normale.

Parlando in termini più generali, la capienza ovvero ricettività dei 95 nidi, pubblici e privati, presenti nella città di Napoli, è di 2.450 posti. Insomma, sarebbero disponibili da noi quasi 2.500 posti rispetto ai 33.000 bambini di età compresa tra 0 e 36 mesi residenti sul territorio cittadino che potrebbero averne bisogno.

Una terza via ai nidi, pubblici e privati, potrebbe essere l’Asilo Nido in Famiglia sul modello delle tagesmutter, “mamme di giorno”, del Nord Europa: in pratica un nido domiciliare in cui le mamme accolgono i bambini a casa propria (fino a un massimo di sei di età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni), una realtà ancora poco diffusa in Italia, men che meno in Campania. A Napoli esistono solo due realtà di questo tipo (“A casa di Francesca”, aperto 7 anni fa a Montesanto, e “A casa di Simona”, nata 5 anni fa a Corso Vittorio Emanuele, entrambe gestite da due mamme dell’associazione “Crescere Giocando”), che, a un costo un po’ più alto degli altri nidi, offrono ai bambini percorsi individualizzati e una situazione familiare autentica ricostruendo a casa propria l’atmosfera casalinga.

In realtà, nel 2013, il Comune di Napoli provò a promuovere questo modello attraverso il progetto “Mamma accogliente”, che doveva portare a stilare un elenco di 100 mamme, dieci per ognuna delle Municipalità, con determinati requisiti, che potessero ospitare presso il proprio domicilio al massimo 5 bimbi compresi i propri, nella fascia 0-3 anni. Ma il bando non ebbe successo e il progetto non è mai partito. Secondo Francesca Amoruso, la psicoterapeuta che ha aperto il primo nido familiare a Napoli, la resistenza più forte delle mamme napoletane riguarda il fatto di mettere a disposizione la propria casa, la principale risorsa per questo tipo di accoglienza. “Ci chiamano in continuazione chiedendo informazioni su come aprire, ma poi non portano avanti il proposito. Io sarei ben lieta di fare corsi di formazione e quanto serva perché questa cultura si diffonda il più possibile”. La Amoruso, del resto, aggiunge che ogni anno ci sono almeno 20,30 richieste di iscrizioni non soddisfatte agli unici due asili famiglia di Napoli, ciò significa che ci sarebbe un gran bisogno di altri nidi del genere.

  • Altri servizi pubblici per bambini e famiglie

A parte nidi e ludoteche, non ci sono altri riferimenti comunali per bimbi così piccoli, la situazione cambia nettamente dall’età della scolarizzazione. Il pubblico offre alle famiglie del territorio e, indirettamente ai bimbi piccoli, supporto attraverso i Poli territoriali per le Famiglie, uno per ogni Municipalità cittadina. Il nuovo servizio, che fa capo all’assessorato al Welfare del Comune di Napoli, intende promuovere il benessere delle famiglie attraverso diverse attività a sostegno della genitorialità, ad esempio organizzando gruppi di genitori, educativa domiciliare (supporto alle competenze dei genitori a domicilio, ndr), gruppi con/tra i bambini, oltre ad offrire, nel caso di famiglie in condizioni conflittuali, un servizio di mediazione familiare.

Qui la lista dei Poli territoriali

Di fronte a questo scenario in cui sono radicate criticità strutturali dei servizi per la prima infanzia e sulla sofferenza dei genitori napoletani interviene anche il sindaco Luigi De Magistris che così risponde alla nostra domanda sul futuro della città a misura di bambino: “Abbiamo istituito uno specifico assessorato ai giovani che tenesse costantemente impegnata l’azione del governo locale ad occuparsi dei bisogni di questa precisa fascia di cittadini. E soprattutto non ci siamo dimenticati dei più deboli: migliaia di bambini e adolescenti in situazioni di disagio sono stati presi direttamente in carico dal comune di Napoli sotto forma di accoglienza, educazione, formazione, sostegno, allontanamento dal rischio sociale, accompagnamento all'età adulta”.

Maria Nocerino

Gli articoli dell'inchiesta:

Il NIDO, UN SERVIZIO ANCORA PER POCHI

VERDE E AREE GIOCO NEGATI

TEMPO LIBERO: LA NAPOLI POCO “BABY FRIENDLY”

LA PAROLA ALLE MAMME