Scatta la notizia

I ragazzi della Livatino e lo sguardo sulla città

Ciro DesiderioDiciassette studenti di San Giovanni a Teduccio, hanno potuto scoprire il mondo della comunicazione visiva al fianco di un insegnante d’eccezione: Pietro Masturzo, vincitore del prestigioso premio World Press Photo of the Year nel 2010.

Le fotografie saranno esposte nella mostra "Scatta la notizia" ospitata presso strutture museali comunali e, attraverso un itinerario, in altre scuole dell’area Vesuviana. L'esposizione verrà inaugurata sabato 4 febbraio alle 11.45 nell'I.S.I.S. Rosario Livatino di San Giovanni a Teduccio in via Atripaldi 42.

Scorci di vita ordinaria, che spesso passano inosservati: il mercato, un murales, un campetto di calcio, i pescatori. Le foto di Alessio, Ciro, Emanuele, Davide, Eduardo, Francesca, Giorgia, Giusy, Ivan, Luca, Mariarosa, Martina, Mattia, Michele, Rosalba, Sabrina eSabatino trasmettono una storiache interpreta la realtà che li circonda con le sue contraddizioni e i suoi vizi. L’istituto superiore nel quartiere San Giovanni a Teduccio di Napoli, ha dato spazio alla voglia di raccontare per insegnare a usare la macchina fotografica e scoprire il linguaggio universale delle immagini.Un’opportunità per far conoscere il mondo dell’informazione sia come forma di espressione, che come possibile sbocco professionaleper il futuro. Gli scatti fotografici degli studenti saranno ospitati presso strutture museali comunali e, attraverso un itinerario  in altre scuole dell’area Vesuviana, con l’obiettivo di condividere l’esperienza e indurre altri giovani  alla sperimentazione della narrazione per immagini. Un racconto che non necessità di doti linguistiche o grammaticali, ma che può essere guidato dalla curiosità e dalla voglia di esplorare. La Mostra “Scatta la Notizia”dei ragazzi dell’Istituto Superioredi Napoli, intitolato al giovane giudice ucciso dalla mafia, Rosario Livatino, è il risultato finale di un programma di Responsabilità Sociale sul fotogiornalismo, organizzato da Photolux e Neapolis.Art e realizzato grazie al supporto di Canon. Tony Gentile autore di quella foto divenuta icona della rinascita della Sicilia contro la mafia sarà ospite d’eccezione all’inaugurazione che si terrà sabato 4 febbraio alle 11.45 nell'I.S.I.S. Rosario Livatino di San Giovanni a Teduccio in via Atripaldi 42. “Abbiamo aderito al progetto con grande entusiasmo, Canon è da sempre attenta nei confronti delle giovani generazioni, in particolare, per tutti coloro che si trovano ad affrontare situazioni difficili. E’ motivo di orgoglio per noi mettere a disposizione la nostra tecnologia – avvalendoci della collaborazione di professionisti e realtà straordinarie come Photolux e Neapolis.Art -  per dare la possibilità di acquisire conoscenza, stimolare interessi e creatività, far emergere un talento, particolarmente in contesti dove le opportunità per i ragazzi sono più scarse. In questa occasione ci siamo trovati di fronte a tanto entusiasmo, passione e bellezza, ma anche a grande valore in termini di contenuti delle immagini dei giovani fotogiornalisti di San Giovanni a Teduccio. Il progetto si inserisce perfettamente nella filosofia Kyosei di Canon – Vivere e lavorare insieme per il bene comune – che ci ha portato a sostenere nel corso degli anni numerose iniziative affini“, spiega  Daniela Valterio Environment, Quality& Product Safety Manager Sustainability Group Canon Italia.

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ph. Emanuele Borriello

Lo sguardo del fotoreporter: “Io San Giovanni a Teduccio l’ho sempre guardata dall’alto- racconta Pietro Masturzo- , da quel chilometro o due di raccordo autostradale che passa sopra il quartiere e che percorro in macchina per entrare e uscire da Napoli.La posizione sopraelevata concede una carrellata veloce sui serbatoi di benzina della Q8, da un lato e sulle vecchie ciminiere che svettano tra i capannoni industriali, dall’altra. Quando il traffico è lento, però, hai il tempo di distinguere qualche dettaglio in più: questo capannone è dei cinesi, lì ci sono i rom, lì le prostitute, quell’edificio deve essere abbandonato mentre lì ci sono dei panni stesi, deve sicuramente viverci ancora qualcuno. Quando la guardi da qui su, San Giovanni, non puoi che immaginarla come una periferia triste, abitata da un’umanità senza speranza, ancor più se quel panorama lo associ alle immagini che ci forniscono tv e giornali nelle loro pagine di cronaca nera. Da tempo mi dicevo che se avessi avuto la possibilità di tornare a Napoli per fotografare la città sarei partito proprio da lì, dalla periferia orientale, dai margini del porto. E probabilmente avrei iniziato il mio lavoro guidato dal pregiudizio, spendendo intere giornate cercando di soddisfare la mia immaginazione, alla ricerca di quello che volevo trovare. Magari col tempo e con una buona guida, ci sarei riuscito a raccontare questa periferia in modo dignitoso, ma sempre con gli occhi del visitatore esterno, di chi ha il privilegio dell’accesso e della libertà di uscirne non appena si è soddisfatti. C’è privilegio più grande, per chi è curioso di conoscere il mondo, di utilizzare una macchina fotografica per incontrare gli altri e raccontare le loro vite? Si: incontrare 17 ragazzi con la voglia di raccontarsi e di raccontare il luogo in cui abitano, di accompagnarti e mostrartelo dal vivo, di riscattarlo e restituirtelo con il proprio sguardo. Questo è il grande privilegio che mi hanno donato gli studenti della Rosario Livatino, affidandomi la loro visione di se stessi in una serie di fotografie che compongono un lavoro collettivo onesto, emozionante, oltre che di grande valore documentario. Il frutto della ricerca che hanno depositato nelle mie mani è un manifesto di appartenenza a una periferia che di certo non è il luogo in cui tutti sogniamo di vivere, ma è pur sempre casa, è l’origine, non la fine, fermento non rassegnazione. Seguire questo progetto è stata un’esperienza nuova e meravigliosa: trovarsi dal punto di vista insolito di guardare chi guarda è una fortuna che non capita spesso. Ora abbiamo il dovere, insieme a chi hareso possibile tutto ciò, di custodire e mostrare, a quanti credono che le periferie siano un non-luogo, la visione che questi ragazzi ci hanno affidato".

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ph. Martina Russo